Sistema sanitario: ripensare l’assistenza a misura di anziani
La pandemia ha portato alla luce il pregiudizio che ritiene le persone della terza età “sacrificabili” nell’emergenza. La necessità di invecchiare nella propria casa
La pandemia di Covid-19, che solo nel Lazio ha coinvolto oltre 200mila persone, ha colpito in maniera molto dura soprattutto le persone più avanti negli anni. Questo non stupisce: qualsiasi malattia pone un rischio maggiore nelle persone anziane sia per gli effetti dell’invecchiamento in sé sia perché l’età avanzata si accompagna spesso alla presenza di altre patologie. Tuttavia, in questa situazione si sono evidenziate in maniera drammatica le carenze strutturali dell’assistenza alle persone anziane nel nostro Paese, in particolar modo per quanto riguarda le cure a lungo termine.
La pandemia ha fatto anche emergere un problema culturale di pregiudizio nei confronti delle persone anziane, che risulta ancora più preoccupante delle carenze strutturali e che verosimilmente non è estraneo alla loro esistenza. Le cronache di questi mesi sono piene di episodi che evidenziano come molto spesso gli anziani siano stati considerati “sacrificabili” nella gestione dell’emergenza, sia per quanto riguarda l’accesso alle cure di tipo intensivo sia in relazione alla riduzione dei servizi sanitari. Non sono mancate inoltre dichiarazioni rassicuranti sul fatto che «di Covid muoiono solo i vecchi che hanno già altre malattie».
Il terreno in cui affonda le sue radici questo pregiudizio è quello di un progressivo svilimento del valore della persona anziana, che si rispecchia in stereotipi in cui l’invecchiamento di “successo” è legato alle capacità fisiche (più spesso che mentali), il che relega la vasta percentuale di persone anziane che hanno invece un declino funzionale a casi di invecchiamento “fallimentare”. È questo il terreno in cui fiorisce la “cultura dello scarto”, continuamente richiamata da Papa Francesco nel suo magistero, in cui si perde la consapevolezza che una vita lunga è una benedizione anche quando si accompagna a malattia e dipendenza dagli altri.
Dei due problemi delineati sopra – carenze strutturali e pregiudizio culturale -, le prime sono in teoria le più facili da sanare, soprattutto in considerazione dell’ingente quantità di denaro che sarà disponibile per la sanità nel prossimo futuro. La lista degli interventi è lunga ma sembrano prioritari una ridefinizione del sistema dell’assistenza residenziale, un potenziamento dei servizi specifici per gli anziani (in primo luogo le cure domiciliari che sono fondamentali per i tantissimi anziani con problemi di mobilità e che dipendono da altre persone per recarsi presso le strutture sanitarie), un maggior utilizzo delle nuove tecnologie per garantire assistenza anche in situazioni in cui è necessario ridurre le interazioni personali. Tutti questi interventi sono necessari per permettere alle persone anziane di affrontare la loro situazione con serenità e dignità ma non saranno sufficienti se non saranno accompagnati da un cambiamento di mentalità nella nostra società che ci riporti la consapevolezza del valore della vecchiaia come ricchezza. Ricchezza per la società perché, come ha richiamato monsignor Bruno-Marie Duffè nella sua presentazione del documento della Pontificia Accademia per la vita sulla condizione degli anziani dopo la pandemia, è sull’esperienza delle persone anziane che si costruisce il progresso della storia umana. Ricchezza per l’individuo, soprattutto per i più giovani, perché è nell’incontro con gli anziani che scopriamo le nostre radici e troviamo ispirazione per disegnare il nostro futuro.
La pandemia in atto ci mostra una volta di più che non possiamo affrontare la sfida che ci pone l’invecchiamento della popolazione se non riconosciamo il valore profondo che le persone anziane rappresentano, anche quando afflitte da malattie e disabilità. Da qui bisogna partire per ridisegnare il sistema dell’assistenza in modo che vada incontro alle specifiche esigenze delle persone anziane, prima fra tutte quella di poter invecchiare nella propria casa e circondate dai propri affetti. (Claudio Pedone, responsabile Uoc Geriatria Policlinico Universitario Campus Bio-Medico)
15 febbraio 2021