Sud Sudan, dove si muore per la guerra e per la fame

La testimonianza dei Medici con l’Africa Cuamm, alla presenza del premier Gentiloni. Il direttore don Carraro: «La vita è appesa a un filo». Dall’Oglio: oltre 7mila visite in zone abbandonate». Testimonial il cantautore Niccolò Fabi

Le mani stringono le radici delle ninfee. Di queste si nutrono le persone in Sud Sudan, un Paese stremato dalla guerra civile con 4 milioni di sfollati. In pratica un abitante su 3 lascia la propria casa. La guerra tra etnie ha sgretolato il Paese. Ogni generale con la sua armata ha dato vita a un centro di potere. Proprio per mantenere viva l’attenzione su questo territorio, nel quale da un anno è scoppiata l’emergenza fame, è stato organizzato un incontro al Casino dell’Aurora Pallavicini, a Roma. Medici con l’Africa Cuamm da dieci anni è presente nel Paese cercando di raggiungere anche le zone più difficili e offrire cure mediche di base. Come ricorda Mario Calabresi, direttore di Repubblica, che modera l’incontro, «l’Africa ci riguarda».

Nella foto, Mario Calabresi con don Dante Carraro

In Sud Sudan un semplice parto cesareo può uccidere una mamma. Non ci sono ginecologi. Solo un’ostetrica ogni 20mila persone. La vita è appesa a un filo. In questa situazione le strutture sanitarie del Cuamm rappresentano l’unica possibilità per curarsi. Sono loro a supportare 5 ospedali e 164 strutture sanitarie. Gli operatori locali sono oltre mille. Presente anche una scuola per ostetriche che quest’anno ha rilasciato i primi 20 diplomati. «Queste ragazze sono felicissime di fare qualcosa per il loro Paese. Una gioia che si porta via il desiderio di venire in Europa», dice don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. «Anche così – continua –  si costruiscono piste di futuro, tra mille difficoltà».

Piste che poi hanno bisogno della politica. «Gli ultimi governi si sono impegnati per rimettere l’Africa al centro dell’agenda», dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. «La priorità – continua – sono flussi migratori regolari e regolati e la lotta ai trafficanti di esseri umani». A dare la sua testimonianza anche Giovanni Dall’Oglio, fratello del gesuita Paolo, scomparso in Siria più di quattro anni fa. Lui, collegato dalla sua stanza in Sud Sudan, lì fa il medico per il Cuamm. «Ogni giorno si lotta per sopravvivere – dice -. Ci siamo inoltrati nelle parti più difficili del Paese, raggiungibili solo con le canoe o l’elicottero. Sono luoghi dove la gente è abbandonata e non c’è nessun presidio sanitario. Lì abbiamo costruito strutture sanitarie di fortuna e fatto oltre 7mila visite».

Nella foto, Mario Calabresi con Niccolò Fabi

Il Sud Sudan è tra i Paesi più poveri dell’Africa. «I soldati uccidono senza un perché. I bambini non hanno cibo», racconta Chiara Scanagatta, coordinatrice dei progetti Cuamm in Sud Sudan. «Nel 2017 sono state fatte oltre 377mila visite ambulatoriali pediatriche, quasi 17mila parti assistiti e oltre 45mila prime visite prenatali». Per uscire da questa situazione di conflitto è necessario il dialogo. «Centrale il ruolo delle Chiese protestanti e cattoliche», sottolinea Giuseppe Mistretta direttore per i Paesi dell’Africa sub sahariana alla Farnesina. Presente all’incontro anche il cantautore Niccolò Fabi, testimonial per il Cuamm. «Io sono voluto andare in questi territori. Lì la vita scorre con ritmi diversi. Il tempo è più lento. Ricordo che dovevamo attraversare un guado e per farlo abbiamo dovuto attendere 4 ore. Da noi sarebbe impensabile. Ma non era un problema solo nostro. Tutta la collettività era coinvolta e ci aspettava dall’altra parte». Una terra arsa dalla guerra, ma feconda di vita e di amore. Tra i progetti, sono in cantiere strutture sanitarie mobili dove fare visite prenatali, vaccinazioni e assistenza al parto alle comunità rifugiate nelle paludi a Nyal.

12 aprile 2018