«Amare è conoscere meglio Dio»
La visita del Papa alla mensa di Colle Oppio, vicino al centro di Roma, intitolata a Giovanni Paolo II di Angelo Zema
Leggi il discorso integrale del Santo Padre
Leggi il saluto di monsignor Di Tora
La Caritas di Roma: settori e aree di carità di P. M.
A Colle Oppio aspettando il Papa di Massimo Angeli
«L’uomo che soffre ci appartiene». La frase, pronunciata da Giovanni Paolo II il 20 dicembre 1992 durante la visita alla mensa della Caritas diocesana a Colle Oppio, campeggia sulla targa commemorativa visibile da oggi all’esterno dei locali di via delle Sette Sale. L’ha benedetta il Papa, che ha ripercorso i passi del suo predecessore in quella che è la prima struttura di accoglienza della Caritas di Roma, aperta nel 1983 e convenzionata con il Comune. E che da oggi è intitolata proprio a Giovanni Paolo II.
Benedetto XVI l’ha definita «un luogo significativo della città di Roma, ricco di umanità. In questa mensa, che in un certo modo potrebbe essere considerata il simbolo della Caritas di Roma – ha detto il Papa – è possibile toccare con mano la presenza di Cristo nel fratello che ha fame e in colui che gli offre da mangiare. Qui si può sperimentare che, quando amiamo il prossimo, conosciamo meglio Dio». E ha continuato: «Dio è venuto tra noi perché ci ama. Dio è amore: non un amore sentimentale, ma un amore che si è fatto dono totale sino al sacrificio della Croce». «Gesù – ha proseguito Benedetto XVI nel suo discorso – si rende in qualche modo visibile ogni giorno in questa mensa, dove non si vuole dare soltanto da mangiare, ma servire la persona, senza distinzione di razza, religione e cultura».
Il Papa ha auspicato che «i responsabili, i volontari e tutti coloro che frequentano la mensa possano sentire la profondità della gioia» derivante dall’amore di Gesù, «gioia certamente diversa da quella illusoria reclamizzata dalla pubblicità».
Durante la visita pastorale Benedetto XVI è passato davanti alla linea del self-service, la stessa dove ogni giorno transitano gli utenti della mensa, per lo più stranieri, che si sono seduti ai tavoli anche giovedì, subito dopo la partenza del Papa. Il Santo Padre – accolto dal cardinale vicario Camillo Ruini, dal vescovo ausiliare Ernesto Mandara e da monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma – ha benedetto il presepe artistico allestito dai volontari e poi, nel cortile, ha salutato gli ospiti della mensa e rappresentanze provenienti dalle case gestite in città dalla Caritas diocesana, volontari e operatori della Caritas e i giovani di «Il Centro», una realtà educativa che ha sede sempre nel complesso di via delle Sette Sale.
Diecimila coperte e duemila giacconi per i senza fissa dimora, e centomila euro per la mensa sono stati il regalo del Santo Padre alla Caritas diocesana in occasione della visita. Quattro i doni con cui la Caritas ha ricambiato. Il Papa ha ricevuto la tessera onoraria della mensa; una coperta da far recapitare ai Paesi poveri; un grembiule, come segno di impegno nel servizio ai poveri; un album di disegni realizzati dai bambini della Casa di Cristian, la comunità alloggio Caritas che in città ospita mamme e bambini in difficoltà. Ma l’omaggio più significativo, nella fredda mattinata romana, è stato costituito dalla presenza e dalla voce dei poveri, ospiti della mensa o delle case della Caritas diocesana, e di coloro che, tra volontari e operatori, sono impegnati nella gestione quotidiana delle strutture.
Tra i primi, Roberto Festuccia, che da anni ha perso i genitori e da quando frequenta la mensa ha scoperto una nuova famiglia. Tra i secondi, Paolo Galli, che ha ringraziato il Papa per l’incoraggiamento, e Paola Sperati, responsabile della mensa, che ha parlato della struttura di Colle Oppio come di «una locanda lungo la strada». «Per undici anni – ha raccontato Paola, consacrata nell’Ordo Virginum della diocesi – mi sono presa cura, come infermiera, di tanti giovani malati di Aids accompagnandoli alla morte. Quando 7 anni fa don Guerino mi chiese di occuparmi di questa mensa ho scoperto tante altre realtà di sofferenza, altre specie di morte…». E ha aggiunto: La sua presenza tra noi, Santo Padre, è la conferma che Dio si è fatto carne. La nostra “locanda” ora risplende di una luce nuova». Volontari, operatori e ospiti delle strutture Caritas sono stati protagonisti anche nel breve momento liturgico finale, con la lettura delle intenzioni per la preghiera dei fedeli: tra questi, anche due africani (da Togo ed Etiopia), a nome dei rifugiati accolti dalla Caritas diocesana.
4 gennaio 2007