Antonella Ruggiero e “L’abitudine della luce”

La cantante, affiancata dagli Arkè String Project, in tournée con uno spettacolo di suoni e luci ideato da Marco Goldin di Concita De Simone

C’è un filo diretto che lega le prossime mostre pittoriche sugli impressionisti a Brescia e la musica. Un filo che giovedì 28 settembre ha avvolto anche gli spettatori del Teatro Brancaccio, sospesi tra l’incanto dell’arte e le note – alte, forti ed eteree al tempo stesso – di Antonella Ruggiero. Si tratta della tappa romana della tournée dello spettacolo “L’abitudine della luce”, ideato e scritto dal critico d’arte Marco Goldin il quale, da alcuni anni, ha scelto questa formula di presentazione al pubblico, per i suoi appuntamenti espositivi. Quest’anno, infatti, i riflettori si accenderanno su due mostre di rilievo assoluto: “Turner e gli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa ” e “Mondrian”, che prenderanno il via il 28 ottobre al Museo di Santa Giulia, a Brescia.

In questo spettacolo-performance, che segna l’avvio di una vera e propria tournée che percorrerà in tutto 10 città italiane, Marco Goldin è affiancato dall’ex voce dei Matia Bazar, solista ormai dal 1996, e da Arkè String Project con il percussionista Ivan Ciccarelli e dagli attori Sandro Buzzatti, Gilberto Colla e Loriano Della Rocca. Le scenografie sono state studiate dal mago delle luci e delle creazioni visive, Fabio Iaquone, videoartista che il pubblico ha apprezzato anche nella recente cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Torino.

Due ore con una interprete d’eccezione come Antonella Ruggiero, apprezzata per le sue scelte di qualità, che ha cantato le 8 inedite canzoni raccolte nell’album omonimo (uscito il 29 settembre nei negozi), insieme a 5 nuovi brani strumentali degli Arkè, affiancando Marco Goldin nel suggestivo racconto che conduce lo spettatore nel mondo dell’arte, attraverso un flusso di suoni, emozioni e visioni. I testi delle canzoni interpretate dalla Ruggiero sono stati scritti dallo stesso Goldin, su musiche di Roberto Colombo eseguite da Arkè String Project. Il risultato – poetico, vibrante e coinvolgente – è proprio questo nuovo disco, di cui parla a Romasette.it la stessa Antonella Ruggiero.

Com’è il concerto de “L’abitudine della luce”?
È un concerto per chi ama l’arte in generale. Vi sono non solo musica, ma anche recitazione e visione di capolavori meravigliosi. E la regia di Fabio Iaquone, un regista davvero molto moderno, rende tutto più speciale. Marco Goldin racconta le opere, alcuni attori recitano poesie sempre di Goldin e poi ci sono le mie canzoni. Mi emoziona ogni volta.

Parliamo di questo album e delle collaborazioni con Goldin, con gli Arkè, Ivan Ciccarelli, e i compositori Antonio Rossi, che hai ritrovato da Sacrarmonia, e il giovane Cristian Carrara.
In copertina ci sono due quadri straordinari: il primo del 1822 di Constable; l’altro, all’interno, di Valencienne del 1780. Sono cieli, orizzonti, cioè tutto ciò che racconta l’abitudine della luce. Volevamo in qualche modo anticipare le atmosfere dell’album sin dal primo impatto visivo. E poi, le collaborazioni, come sempre, sono nate dalla stima reciproca tra me e le diverse persone con cui lavoro, dalle comuni vedute della musica e dell’arte. Questo lascia che si crei subito sintonia su ogni nuovo progetto. I suoni che scaturiscono da questo album intendono innanzitutto raccontare questi mondi pittorici e anch’io, da interprete, ho voluto mettermi nei panni degli artisti.

Tu hai dichiarato che, prima ancora di voler diventare cantante, sognavi di fare la pittrice. Questa tua sensibilità tu ha influenzato in qualche modo da interprete?
Sicuramente. Ciò che puoi fare con la mano e le sfumature dei colori, puoi farlo anche con le note, rincorrendo diverse intenzioni all’interno del brano, dove invece dei colori hai le note, appunto. Io, che gioco con il registro delle tonalità, mi sento come un pittore davanti alla tela bianca. Vorrei proprio riprendere a dipingere e di certo lo farò con una consapevolezza più profonda. Da piccola sognavo di passare le giornate lontana da tutti, dal rumore, rinchiusa in una mansarda a dipingere, invece poi, da cantante sto sempre tra la gente. E di questo sono felice.

Da quando è cominciata la tua carriera da solista, ci hai abituati a diversi progetti sperimentali. Hai unito ritmiche occidentali e suoni dell’antico oriente; hai dato spazio alle giovani band italiane; poi le musiche sacre, i musical di Broadway in chiave classica, e adesso l’arte. Come scegli questi progetti che non premiano forse le vendite ma, di certo, la qualità?
Ho sempre voglia di tirar fuori ciò che ho dentro. Le mie canzoni sono legate alle mie emozioni, ricordi, influenze di ciò che ascolto. Ho la fortuna di essere seguita da musicisti che mi accompagnano anche in più progetti contemporaneamente; che, ormai, mi conoscono e mi assecondano. Adesso, per fare un esempio, sto ultimando anche un lavoro che sarà un cd e un dvd, previsto per la primavera, con una raccolta di canti di montagna realizzati con due cori alpini, il Coro S. Ilario e il Coro Valle dei Laghi, con i quali ho cantato a cappella. Quindi: 60 voci maschili e la mia. Prima però, a novembre, uscirà un cd al quale tengo moltissimo, per le Acli, un’associazione con cui collaboro da un po’ e che stimo molto, che si intitola “Stralunato Recital”. Si tratta di una sintesi di tutto quello che ho fatto negli ultimi anni, da concerti live in Italia e all’estero con musica sacra e pop… E ancora il fado, i musical, accompagnata da straordinari musicisti come il pianista Mark Harris e poi, ancora, Ivan Ciccarelli e gli Arkè. Conterrà anche una canzone inedita che ho inciso per il film tv su S. Antonio. Tutto quello che faccio è un viaggio nelle emozioni che non finiscono mai, soprattutto per le persone sensibili.

29 settembre 2006

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