Beppe Carletti: il Terzo tempo dei Nomadi
Il fondatore e leader storico della band più longeva del panorama italiano, il 10 novembre all’Auditorium Conciliazione, presenta il nuovo album e le attività del gruppo, impegnato in diversi progetti di solidarietà di Concita De Simone
Stanno insieme da quasi cinquanta anni e hanno regalato alla musica italiana moltissime perle, custodite da svariate generazioni che non smettono di seguirli nei concerti. Sono la band più longeva d’Italia e, nonostante abbiano affrontato numerosi cambiamenti al loro interno, alcuni per motivi più drammatici, altri, semplicemente, artistici, riescono a trovare sempre nuova energia per portare avanti il loro percorso di “Nomadi”. Un successo, a partire dalla scelta del nome, per caso, ma forse non troppo: tutt’oggi, a 49 anni di distanza, la loro attività live tocca capillarmente numerose località d’Italia, ed è scandita da 90 concerti all’anno, con una media annuale di 1.000.000 di spettatori, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, riconfermandosi ogni anno, nel panorama artistico italiano, come gli artisti con il maggior numero di concerti. Una presenza, quella dei Nomadi, rassicurante e incoraggiante al tempo stesso, che dimostra che per avere successo non c’è bisogno di grandi effetti speciali, ma solo di talento, passione e generosità nel proprio lavoro. Li ritroveremo in concerto all’Auditorium della Conciliazione il prossimo 10 novembre, per la tappa romana del loro “Ricordarti Tour”, in cui i Nomadi si presenteranno nella loro nuova formazione, con Beppe Carletti alle tastiere, Daniele Campani alla batteria, Cico Falzone alle chitarre, Cristiano Turato (la new entry) alla voce, Massimo Vecchi al basso (e voce) e Sergio Reggioli al violino e alle percussioni. Sarà anche l’occasione per ascoltare i brani del loro nuovo album, uscito, dopo tre anni di assenza dal mercato lo scorso settembre, per il quale i Nomadi hanno scelto un titolo volutamente carico di significati, “Terzo Tempo”, composto da dieci brani inediti che aprono la nuova pagina musicale del gruppo, fatta di cambiamenti che guardano al futuro mantenendo fede alla canzone di contenuto sociale, che fa di loro una band “impegnata”. E, tra i più impegnati, c’è certamente il fondatore e leader storico dei Nomadi, Beppe Carletti, tastierista e compositore, nato nel 1946 a Novi di Modena, sposato, due figli, tre nipoti, Nomade da 49 anni, che risponde con la consueta semplicità e schiettezza alle nostre domande.
Com’è questo “Terzo Tempo dei Nomadi”?
È un “terzo tempo” per tutti, a partire da me, dalla mia vita. Questo, anche nello sport, è il tempo in cui ci si abbraccia dopo la fatica. Abbiamo passato un ultimo anno denso di cambiamenti, come la sostituzione del cantante, ed eventi importanti, come i concerti in favore della nostra Emilia terremotata a Bologna e Campovolo. Ma nell’album ci sono i Nomadi di sempre, forse con una impronta un po’ più rock, data dal nuovo cantante, che ha portato nuova energia.
Beppe, c’è la tua firma in tutte le canzoni: ma tu quante ne hai composte in quasi 50 anni?
Non tengo il conto, saranno almeno 150 canzoni, ma è la mia passione, la mia professione. Noi suoniamo tanto, e l’ispirazione viene in qualsiasi momento, non mi metto mai a tavolino. Io produco la stoffa, poi insieme con gli altri confezioniamo i vestiti.
Avete masterizzato il disco a Londra: perché questa scelta?
Per la prima volta abbiamo varcato i confini per la produzione di un nostro album. Siamo stati all’Air Mastering di Londra perché avevamo voglia di un suono diverso e un orecchio esterno poteva aiutarci. Magari non tutti si sono accorti della differenza, ma noi siamo contenti del risultato.
A proposito di differenze, che rapporto avete con i social network?
Noi siamo gente solida e semplice, siamo contadini e i contadini hanno iniziato con pochi mezzi prima di arrivare all’aratro con l’aria condizionata. Insomma, non inseguiamo le mode, ci arriveremo pian piano. I nostri fans ci seguono lo stesso.
Siete nati nel 1963, come una miriade di altre band italiane. Ma come poche, anzi, nessuna, siete così longevi. Come fate?
Non abbiamo nessun segreto, sarà il nostro modo di essere. Veniamo tutti da piccoli paesi, siamo cresciuti con certi valori radicati nella nostra terra. Siamo persone semplici, genuine, e questo la gente lo recepisce. Siamo coerenti, amiamo cantare canzoni che ci piacciono, non ci sono mai state imposte. Siamo riusciti a conquistare il nostro pubblico giorno dopo giorno e c’è ancora gente nuova che viene ai concerti.
Come si affronta, dopo tanti anni, l’ingresso di nuovi elementi?
Se oggi ci fossimo tutti saremmo in ventitre, ma i cambiamenti ci hanno sempre fatto bene, se siamo ancora qua. Bisogna sempre rimettersi in gioco.
A Roma farete un concerto con tutti i più grandi successi: un bel regalo per i vostri numerosissimi fans.
Direi di sì, ed è sempre bello vederli cantare con noi. Ci sono certe canzoni che non potremmo mai non riproporre, come “Vagabondo”, “Dio è morto”, “Canzone per un’amica”, “Auschwitz”, ma anche la hit del 2000 “Io voglio vivere”.
Siete da sempre coinvolti in varie iniziative di solidarietà nazionali e internazionali e tu passi le tue vacanze andando personalmente a portare i contributi che raccogliete.
Da qualche anno abbiamo fondato l’associazione “Crescerai”, nata per concretizzare i progetti lanciati dai Nomadi sul palco, e che non ha alcuna spesa di gestione e quindi fa arrivare per intero alle persone bisognose le somme raccolte. Attualmente sta sostenendo le attività di padre Emeric Amyot d’Inville in Madagascar. Vado in questo meraviglioso paese dal 2006 e ci tornerò a gennaio per portare un po’ di soldi e 2600 magliette donate da un imprenditore. Saremo nei pressi di Manakara. Porteremo queste cose, ma soprattutto un po’ di amore. Quando andiamo, facciamo visita con le suore alle famiglie del posto e, quando è possibile, organizzo delle partite a pallone con i ragazzi. Insomma, ci divertiamo pure.
2 novembre 2012