Comunicare la fede ai giovani

Relazione a due voci sul tema al centro dell’anno pastorale, durante l’incontro del clero di Angelo Zema

L’intervento di mons. Fisichella
L’intervento dell’editorialista Folena

Puntare sull’essere e non sul “fare”. Esaltare il primato della testimonianza, coniugando preghiera ed evangelizzazione. Investire nella formazione, curando la qualità dei contenuti, senza eludere la questione centrale della verità. Sono alcune delle risposte alla domanda “Come condurre i giovani all’incontro con Cristo”, al centro della riunione del clero della diocesi di Roma, lunedì scorso nella basilica di San Giovanni in Laterano.

Un appuntamento tradizionale, in apertura di inizio d’anno pastorale (il 14 dicembre, all’Università Lateranense, è fissato un incontro del clero con il cardinale vicario, sull’insegnamento di Benedetto XVI), ma questa volta con una formula diversa: una relazione a due voci sulla comunicazione della fede alle nuove generazioni, priorità del nuovo anno pastorale per la diocesi. Protagonisti, davanti a centinaia tra parroci, altri sacerdoti, diaconi permanenti, il vescovo Rino Fisichella, rettore della pontificia Università Lateranense, e il giornalista Umberto Folena, editorialista di Avvenire.

Nell’introdurre l’incontro, il cardinale vicario Camillo Ruini ha sottolineato: «Non possiamo prescindere dal prendere sul serio le domande dei giovani». Punto fermo, l’ascolto, ribadito anche dal vicegerente Moretti. Ascolto e dialogo, da vivere esprimendo gratuità e perdono, ma indicando la proposta cristiana nella sua integralità, senza sconti.

Non si tratta di formulare “ricette” con elenchi di nuove iniziative ma di avere, ha detto il vescovo Fisichella, una «intelligenza del fenomeno». Di fronte a giovani «sottoposti a proposte effimere, senza radice, va considerata l’importanza del linguaggio: non solo le nostre parole, ma anche i nostri gesti, le nostre espressioni, e, soprattutto, gli stili di vita». Proprio perché «anche i concetti più semplici e abituali e i termini a noi più familiari non sono più percepiti né compresi alla stessa stregua del nostro pensarli». Occorre privilegiare «contenuti brevi con un linguaggio incisivo e comprensibile». Quali le priorità nei contenuti? Innanzitutto il senso della vita, che «apre la strada a fissare lo sguardo sul volto di Cristo». Una riflessione urgente di fronte ad una realtà che preoccupa per la mancanza di senso della vita. «Non è possibile – ha sostenuto il presule – che per giovani tra i 15 e 20 anni il primo motivo di decesso sia il suicidio».

Un’attenzione particolare la merita il tema della verità, con cui «si ha paura di misurarsi fino in fondo», secondo monsignor Fisichella. «Sperimentiamo un tempo di povertà e di estremo disagio, di mancanza cioè di fiducia circa la possibilità stessa per l’uomo di accedere alla verità». Un contesto «che sembra trovare grande sollievo nell’attaccare i nostri contenuti e a sbeffeggiare le nostre istituzioni, mentre vige il più ferreo rispetto per le altre forme religiose». Importante, dunque, ha sottolineato il presule, che la verità riprenda il suo posto «e la sua coerente collocazione non solo nella nostra predicazione e catechesi, ma soprattutto nella vita delle persone». Monsignor Fisichella ha indicato ai sacerdoti la testimonianza «come categoria privilegiata per una coerente ed efficace trasmissione della fede», con la capacità di amare i giovani ricercando «senza sosta e con estrema pazienza il loro bene».

Giovani che peraltro sono stanchi di essere giudicati per luoghi comuni. Il loro, ha chiarito Folena, «non è un universo compatto, con le sue leggi più o meno comprensibili. Ma è un “multiverso”, ossia più universi paralleli» con «uno più chiassoso, aggressivo e “amato” dai media. Capace di intimorire. Il pericolo è ritenere che sia l’unico universo, e non ne esistano altri». A questo proposito il giornalista ha tracciato un panorama sul “multiverso” giovanile tra lettere di ragazzi lontane dai triti luoghi comuni e titoli di quotidiani che invece liquidano i ragazzi come dei “mostri”. E ha affermato che, per la trasmissione dei contenuti di fede, «il tempo dell’improvvisazione è finito, così come quello della routine. Bisogna investire nella formazione di profili educativi di alto valore. Ascoltando le domande profonde dei giovani, racchiuse per esempio da parole come “sogni, sfida, forza, insicurezza, valore”. Con realismo». I giovani attendono con fiducia, a volte nella solitudine. «La grande fame di amore – ha osservato Folena – può essere declinata nell’attesa, nella ricerca di un lei o un lui; ma anche nella dedizione gratuita a una comunità, a una città, alla propria terra, alle proprie tradizioni. E se c’è chi ripete loro che non esistono i fatti ma i punti di vista, non la verità ma infinite opinioni tutte sullo stesso identico piano, non una morale ma infinite morali quante la fantasia ne possa concepire; se tutto ciò fa parte del clima, alcuni giovani – ha proseguito l’editorialista di Avvenire – potrebbero mostrarsi grati nei confronti di chi invece dice dei sì e dei no, e stabilisce regole giuste, fedeli alla verità scritta nel cuore umano da Dio».

5 ottobre 2006

Potrebbe piacerti anche