Fossati, ritmi vigorosi e testi profondi

Il cantuatore genovese sarà in concerto l’8 febbraio all’Auditorium Conciliazione per il suo tour “L’Arcangelo” di Concita De Simone

«Un giorno mi chiederai da bere, un altro una pietra per riposare, la sera una bussola per pregare»: sono le parole de “L’Arcangelo”, canzone fulcro dell’omonimo e ultimo album di Ivano Fossati, una delle penne più raffinate e socialmente impegnate del nostro cantautorato. “L’Arcangelo” dà anche il nome al tour dell’artista genovese, che è ripartito per la sua nuova fase teatrale e il prossimo giovedì 8 febbraio farà tappa a Roma all’Auditorium della Conciliazione. La band è la stessa che ha registrato con lui l’ultimo album e che lo ha accompagnato nei recenti concerti estivi.

Il nuovo programma è più teatrale, e a tratti Fossati stempera la forza del rock dei suoi esordi nelle atmosfere più soffici e avvolgenti – molto amate dal suo pubblico – di canzoni come “E di nuovo cambio casa” o “Una notte in Italia”, fino a chiudere ancora il cerchio con la nuova energia di “Cara democrazia” e “L’Arcangelo”. Fossati esegue in scena per la prima volta “Il Battito”, con un testo contro la rapidità del mondo, ma non dimentica di sorprendere il pubblico con la leggerezza di una potente versione blues di “Dedicato”, anche questa raramente eseguita prima.

Avvicinatosi a sonorità più ruvide ed elettriche rispetto a quelle del passato, l’autore de “La musica che gira intorno” vuole offrire al pubblico un concerto vigoroso e intenso ma, al tempo stesso, solare e divertito, dove fra la partenza a ritmo di ska (“Terra dove andare”) e la conclusione sui temi civili e pacifisti a lui cari (“Sigonella”), passano in due ore di musica sentimenti, sogni, denunce, riflessioni e speranze che tutti possiamo facilmente condividere.

Colpisce la profondità di questo “L’Arcangelo” – con i suoi ricorrenti riferimenti alla luce e all’illuminazione che costellano trasversalmente le canzoni – album che non possiamo definire intimista perché non parla del suo autore ma, piuttosto, racconta degli altri, di immigrazione, impegno civile e sentimenti. Per Fossati l’amore per la democrazia ha lo stesso valore dell’amore per una donna nella versione meno scontata. E ce lo dice passando da ritmi rockeggianti ad una dimensione musicale più classica. In questo ultimo album – il ventunesimo della sua carriera, diviso quasi in due parti, con una prima più veemente e una seconda più giocosa – c’è tutta la voglia di rivolgersi alla società che sembra ormai intorpidita nel disimpegno e rassegnata all’ignoranza.

“Cara Democrazia” è stata una delle canzoni più discusse ma, aveva dichiarato l’autore, «è un’esortazione civile, non ha niente a che fare con la politica». Ci sono, infatti, in questo rock un po’ rabbioso anche nell’interpretazione, e critico a tutto campo, espressioni che sanno più di metafora della nostra quotidiana società.

Fossati, classe 1951, da sempre considerato cantautore “impegnato”, ci ha abituato a testi profondi che lui, schernendosi, chiama «elaborazioni di pensieri». Ed ecco “L’Arcangelo”, l’immigrato, il messaggero, il clandestino Gabriele che fugge via dal suo inferno di guerra, sete e miseria, verso il nostro dubitabile mondo in questa canzone sull’immigrazione. Ci torna alla mente l’indimenticabile refrain de “La musica che gira intorno”, dall’album “Le città di frontiera” del 1983: «Sarà la musica che gira intorno, quella che non ha futuro. Sarà la musica che gira intorno, saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro». Il muro, allora, c’è ancora, anche se nel frattempo ne sono caduti alcuni storici, il mercato ha allargato le sue frontiere e internet ha ridotto i confini. E non potremo abbatterlo a suon di canzoni, certo. Ma se dalle canzoni emerge una sorta di preghiera – «Luce del mondo che vegli in eterno, solleva lo sguardo di quest’uomo dall’inferno. Per sempre, ora» è il finale de “L’Arcangelo” – vale la pena di cantarle tutti insieme a un concerto.

2 febbraio 2007

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