In città la musica di Pasqua
All’Oratorio del Gonfalone (nella foto) la “Victoria Passionis Christi” di Francesco Foggia. All’Accademia di Romania le note di Couperin. A Santa Cecilia la “Petite Messe Solennelle” proposta da Pappano di Mariaelena Finessi
Il suggestivo percorso narrativo della Passione creato da Francesco Foggia, acclamata personalità del ‘600, l’ultima pietra della “scuola romana” fondata su Palestrina, la “Victoria Passionis Christi”, va in scena questa sera, mercoledì 16 aprile, all’Oratorio del Gonfalone. Un immenso affresco sulle ultime ore di vita di Gesù. Nella prima parte saranno eseguiti anche brani di Virgilio (“Fumo è la nostra vita” Dialogo morale a 8 voci, due violini e basso continuo) e Domenico Mazzocchi (“Dialogo de’ Farisei” a 8 voci e basso continuo). Il concerto, diretto da Alessandro Quarta, verrà registrato dalla Radio Vaticana.
Nella stessa serata, questa volta all’Accademia di Romania (viale delle Belle Arti 110), Cipriana Smãrãndescu animerà al clavicembalo un concerto ancora dedicato alla Pasqua. In scaletta François Couperin che, nel 1714, dedicava espressamente al giorno di mercoledì della Settimana Santa le meravigliose “Leçons de Ténèbres”: brani che utilizzano il testo delle “Lamentazioni di Geremia”, nelle quali il profeta deplora la distruzione di Gerusalemme per mano dei babilonesi e che nella tradizione cattolica simboleggiano la solitudine di Gesù, tradito da Giuda. Un momento dal “Codex Caioni” (raccolta di musiche transilvane di Ioan Caianu) e un “Corale dall’Oratorio di Pasqua” di Bach marcheranno musicalmente i simboli della Pasqua, insieme ad altre opere che esalteranno la sonorità del clavicembalo: dal drammatismo del Lamento di Froberger fino alla brillantezza delle Sonate di Scarlatti o al virtuosismo delle opere Haendel.
Giovedì 17 aprile, infine, Antonio Pappano offrirà al pubblico dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia un’occasione per ascoltare dal vivo la “Petite Messe Solennelle” di Gioachino Rossini, gioiello della tarda produzione del compositore pesarese. L’opera, che rientra infatti nei “Péchés de vieillesse” (Peccati di Vecchiaia), fu scritta nel 1863, cinque anni prima della morte, ragion per cui può considerarsi il suo testamento spirituale. «Composta per la mia villeggiatura di Passy. Dodici cantori di tre sessi, uomini, donne e castrati, saranno sufficienti per la sua esecuzione. Cioè otto per il coro, quattro per il solo, in totale di dodici cherubini: Dio mi perdoni l’accostamento che segue – annotò con ironia il musicista sulla partitura originale -. Dodici sono anche gli Apostoli nel celebre affresco di Leonardo detto La Cena, chi lo crederebbe! Fra i tuoi discepoli ce ne sono alcuni che prendono delle note false! Signore, rassicurati, prometto che non ci saranno Giuda alla mia Cena e che i miei canteranno giusto e con amore le tue lodi e questa piccola composizione che è, purtroppo, l’ultimo peccato della mia vecchiaia».
16 aprile 2014