La cura dei rapporti umani per Niccolò Fabi
Il cantautore romano racconta il suo ultimo album e il tour che il 13 e 14 aprile lo porterà al teatro Ambra Jovinelli di Concita De Simone
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Ascoltare tutto d’un fiato “Novo Mesto”, il nuovo album di Niccolò Fabi, è immergersi davvero in un bosco sloveno e assaporare suoni eterei e ritmi lenti che qui in Occidente abbiamo quasi dimenticato. Dalla “Cura del Tempo” alla cura del luogo, potremmo dire riferendoci al penultimo album del cantautore romano che già ci aveva abituato al suo essere fuori da ogni logica commerciale. Il nuovo album prende il nome dall’omonima località slovena in cui è stato inciso, e trovarsi in un incognito bosco del luogo ha influenzato e ispirato notevolmente i musicisti nelle tre settimane di registrazione, conferendo loro istintività e spontaneità. Nelle dieci canzoni di “Novo Mesto” di Niccolò Fabi, romano, classe 1968, al suo sesto album, ricorre il tema del viaggio, che Niccolò ha scelto di fare realmente, portando i musicisti in una sala d’incisione lontano da casa per oltrepassare confini anche in senso metaforico ed espressivo e vivere un’opera artistica come un’importante esperienza di vita in comune. «Più si va avanti e più è difficile sentire di avere qualcosa da raccontare in una canzone. Si diventa più esigenti e non sempre il talento è all’altezza del proprio gusto e delle proprie ambizioni», aveva dichiarato “mestamente” l’artista che non ha mai amato essere necessariamente sotto ai riflettori e si concede volentieri il lusso di aspettare e far aspettare per ascoltare un buon lavoro. Talento e ambizione di Fabi si sono incrociati nelle dieci canzoni di “Novo Mesto”, che parlano di sensazioni personali su questioni intime, sociali e leggere. «Per me – ammette Fabi – un disco non è una scusa per salire sul palco, anche perché non ho il carattere spavaldo di chi cerca sempre le luci della ribalta. Io incido un album quando sento la necessità di esprimere alcuni stati d’animo e ho la sensazione che ad altri questo possa essere di conforto». E chi lo vorrà, potrà ascoltare dal vivo questo nuovo e affascinante album nelle due date romane del Novo Mesto Tour 2006, il 13 e 14 aprile prossimi al teatro Ambra Jovinelli. Intanto Fabi lo racconta a Romasette.it.
Ciao Niccolò. Intanto, come stai? Sappiamo che sei in pieno tour…
Bene, abbiamo cominciato da qualche settimana ed è un’esperienza piacevole, serena, si sente il calore della gente.
Nel tour presenti il tuo nuovo album “Novo Mesto”, e nella canzone omonima canti: «Respiriamo cosa siamo e decidiamo di essere/ il nutrimento di ogni tempo sta nel vento», riflessione ispirata dall’aria intorno allo studio sloveno dove ti sei ritirato con i tuoi musicisti. Scelta che fa parte di un progetto artistico ben preciso.
Per la prima volta sono stato tre settimane a lavorare all’estero per registrare il disco. E un’esperienza così condiziona necessariamente gli stati d’animo. Suonare è impressionare i propri stati d’animo con la musica. È chiaro dunque che tutto quello che ho provato sia andato a finire nei solchi di questo disco. Di solito oggi si lavora in studi casalinghi, ma questo comporta dei rischi per la creatività. Siamo andati in Slovenia, posto che nessuno di noi conosceva, per registrare musica e non per incidere un album. Tutti abbiamo avuto difficoltà con la lingua. La musica nasce da quello che senti, dicevo. E quando ci si deve far capire in un posto lontano da casa si è più stimolati a farsi comprendere e quindi speravo che questo stimolasse anche le nostre esecuzioni.
In questo album ricorre il tema del viaggio. «Si parte per conoscere il mondo si torna per conoscere se stessi» canti in “Oriente”. Tu cosa hai capito di te stesso tornando dalla Slovenia?
È difficile condensare tutto in una risposta. Sicuramente tornare significa riappropriarsi della propria vita riscoprendola, perché la distanza ce la può far dimenticare. Ci risultano più evidenti le cose che più ci piacciono come quelle che magari dobbiamo eliminare. Girando il mondo ci si rende conto che cambiano le priorità e i valori, infatti lo stesso avvenimento viene vissuto con animo contrapposto a seconda del luogo in cui ci si trova o da dove si proviene. Io sono banalmente convinto che le nostre categorie mentali siano strettamente legate alla nostra condizione di vita. Questa canzone, nel suo piccolo, vuole contribuire alla ricerca di una planetaria coesistenza di punti di vista differenti.
«La vita è una corsa meravigliosa eppure ci manca sempre qualcosa» canti in “La bellezza”, che tu hai scritto ancora prima dell’uscita del precedente album “La Cura del tempo”. Nel frattempo cosa hai trovato?
Penso di trovare qualcosa ogni giorno. La percezione che ho è che tutto ciò a volte può essere consolatorio, altre meno. Non è accontentarsi, ma avere sempre stimoli per cercare.
Oggi c’è una rincorsa alla bellezza artificiale. Tu che non sei un tipo per cui è vitale stare sempre alla ribalta, come ne scampi?
In maniera molto semplice, conducendo una vita che si addice al mio carattere, lontana dall’attività mondana e clamorosa. Quando non sono in tournée sto con un gruppo storico di amici con cui condivido molte cose e proteggo le cose che mi riguardano privatamente dall’esterno. Sono fatto così, non potrei essere altrimenti.
In “Mettere le ali” citi alcuni posti in cui è fondamentale sognare. Tra questi c’è anche un confessionale. Tu sei credente?
Non ho il dono della fede ma trovo che la spiritualità sia un linguaggio da coltivare e anche una chiesa può essere un luogo dove cercare una qualità migliore per la propria vita. La religione non può essere un elemento di divisione tra le persone, ma un aiuto per trovare un senso alla propria vita. Nella canzone invito a credere in maniera ingenua al sogno, aspirare al meglio per coltivare sempre la convinzione di poter mutare la nostra condizione. Non c’è un posto privilegiato per sognare, ma in qualunque luogo è possibile elevarsi e sognare di cambiare.
«Costruire è potere e sapere rinunciare alla perfezione» canti in “Costruire”. Che vuol dire?
Ciò che colpisce tutti noi in una storia sono gli entusiasmi dell’inizio e la delusione o i ricordi piacevoli della fine; dimenticando spesso quanto sia fondamentale il periodo di mezzo in cui si costruisce giorno per giorno anche attraverso azioni semplici e quotidiane. La ricerca della perfezione in ogni aspetto della nostra vita, crescendo, lascia posto alla consapevolezza che la perfezione non esiste, o comunque non è raggiungibile: questo non significa abbassare la testa nei confronti delle proprie ambizioni, ma al contrario consapevolezza dei propri limiti e impegno ancor più responsabile nel vivere con la massima forza e coscienza ogni giorno e non soltanto i primi e gli ultimi.
Nell’album si parla molto anche di relazioni umane, sia in “Rapporti” che in “Evaporare” ad esempio, dove parli della solitudine vista come richiesta di attenzione. Tu tipo di rapporti hai?
Ho rapporti molto intensi, familiari, amichevoli, sentimentali. Poi c’è anche quello con le persone con cui suono. Condividere musica è un modo singolare per conoscersi e solo hi lo fa può capirlo. Poi ho rapporti con persone che non conosco, come i fans: cosa straordinaria, ma non facile. Ma non ci penso, perché altrimenti perderei naturalezza nel modo in cui faccio le cose. Quando ho occasione di incontrarli però è sempre una sorpresa che mi piace vivere. L’importante è che non cataloghiamo i rapporti in categorie precostituite perché tutti potenzialmente ci insegnano qualcosa.
31 marzo 2006