La fiaccola del Santo Natale
di Angelo Peluso
Si parla tanto di cenoni e regali e si pensa poco alla continua decadenza dei valori, che invece sono alla base del più elementare significato della nostra vita di donne e di uomini. La società del “mordi e fuggi” e delle conseguenti identità mascherate in cui ci si nasconde, evidenzia la paura di incontrarsi occhi negli occhi; e così dilagano ateismi di ogni tipo, sciocche manifestazioni di religiosità ostentate per opportunismo e si ha paura di vivere gli affetti.
Il bisogno ossessivo di molti presunti protagonisti di “mettere le mani” su ogni cosa, di allargare il proprio “potere di azione”, di essere “onnipresenti dovunque”, crea solo sfiducia negli altri e una fuga verso altrettanti facili mezzi di idolatria, gettando discredito sui nostri valori. E su questo, talvolta, anche noi cristiani dobbiamo avere il coraggio di interrogarci e saper essere molto critici verso taluni cattivi esempi di vita.
Quante bugie nei talk show, dove viene valorizzata ogni possibile emancipazione ritenuta segno di modernità, e poi la vera realtà di ogni giornata ci dice che esistono tante solitudini nascoste. Il dio denaro, il consumismo esasperato, ogni genere di dipendenza, offuscano le menti, coprono mirabilmente tutti i vuoti aiutando a non pensare e soprattutto a non vedere o a ridicolizzare il dolore altrui.
«Sogno un mondo senza corruzione, senza debito estero, senza droghe, senza corse agli armamenti, senza razzismo, senza guerre e violenze, quale solo Dio potrà edificare con il nostro Sì!» (Card. Francois-Xavier Ngyen Van Thuan)
Ognuno di noi – come ci esorta Madre Teresa – può essere e deve essere un raggio di sole: «Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice. Tutti devono vedere la bontà sul vostro viso, nei vostri occhi, nel vostro sorriso. La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo. Non può essere racchiusa dentro di noi, trabocca. La gioia è molto contagiosa».
Questa mentalità deve cominciare in famiglia attimo dopo attimo perché – come più volte sottolineato – è dal modello genitoriale che nascono molti pregi o difetti della personalità del bambino. «L’educazione che lascia tracce più profonde è sempre quella della casa. Io ho dimenticato molto di ciò che ho letto sui libri, ma ricordo ancora benissimo quello che ho appreso dai genitori e dai vecchi» (Papa Giovanni XXIII).
L’amore può bussare soltanto quando trova un cuore aperto verso la vita, capace di capire che ogni dolore di un’altra persona è anche nostro così come ogni gioia va sempre condivisa.
«Per la miseria di mamma e papà, per la rovina del mulino, per quel tavolone della sventura, grazie, mio Dio…; grazie perché se ci fosse stata una giovane più insignificante di me, non avreste scelto me…; per i sarcasmi subiti, le ingiustizie, le ironie e per le umiliazioni, grazie…; grazie di essere stato l’oggetto privilegiato dei rimproveri…» (Dal “Testamento di Santa Bernardette Soubirous – Lourdes”).
L’amore nella vita, in fondo, è fatto di lampi luminosi di felicità che devono fornire energia per affrontare gli altalenanti momenti della nostra storia legati alla fragilità degli esseri umani, alle imprevedibili emozioni, alle contraddizioni di ogni certezza.
La nostra generazione ha numerose via di fuga per non pensare e alimentare la sempre più diffusa paura delle relazioni affettive profonde: la tecnologia offre facili strumenti per sperimentare mille identità e mille illusioni fino a costruire una realtà alternativa che è solo un placebo momentaneo che non potrà ricompensare alcun vuoto.
Dobbiamo avere il coraggio di credere di più nelle nostre infinite potenzialità, avere più solidi valori di riferimento, dare una giusta continuità alla storia favorendo le appropriate integrazioni tra passato, presente e futuro fino a rendere esclusivo ogni incontro della nostra giornata terrena da quello occasionale a quello d’amore. Forse è qui il segreto dell’eternità del nostro passaggio oltre la vita stessa.
Solo l’amore che non abbiamo sapute esprimere – come ha detto il Beato Papa Giovanni XXIII – sarà il dolore che ci accompagnerà per tutta la vita.
Ognuno di noi è stato scelto a portare una fiaccola, magari senza nemmeno accorgersene: se la notte di Natale chiudiamo gli occhi un minuto e ci lasciamo guidare dalla Luce della speranza che è nelle nostre mani, si cancellerà ogni ostacolo davanti a noi, soprattutto scoprendo che possiamo rappresentare una speranza per un’altra persona. E a catena si apriranno sempre più porte chiuse dal silenzio.
Fermiamoci a riflettere – sia credenti sia non credenti – su cosa significhi il Natale e su cosa possa rappresentare la speranza. Se riusciamo a non rendere retoriche le parole, il nostro piccolo e silenzioso augurio vuole essere quello che il Natale illumini realmente le menti prigioniere di strategie contorte per aumentare il proprio illusorio potere di azione e apra orizzonti di felicità verso il 2010, quella felicità che deve cominciare con il saper donare una carezza, un sorriso, un gesto simbolico di accoglienza. Basata solo iniziare e crederci e poi, realmente, il Natale sarà una festa veramente grande.
11 dicembre 2009