La musica “accogliente” di Ivan Segreto

Nel nuovo album “Ampia”, esplora con delicatezza temi legati all’ideale di accoglienza e al concetto di apertura di Concita De Simone

Quando nel maggio del 2004 usci “Porta Vagnu”, fu considerato una vera e propria rivelazione; oggi Ivan Segreto, al suo terzo album, un passaggio al Festival di Sanremo 2006 nella categoria “Giovani”, è una piacevole conferma. In poco tempo, Ivan Segreto, trentaduenne natio di Sciacca, acquistò credibilità artistica anche sul versante concertistico, passando dai piccoli jazz club degli esordi a condividere lo stesso palco di grandi musicisti quali Franco Battiato e Wynton Marsalis, che lo scelsero per aprire i loro concerti.

Per il suo terzo album, Ampia, recentemente pubblicato, la voce di Battiato compare addirittura in un brano, quello omonimo del titolo di questa prestigiosa produzione, che si avvale anche del flicorno di Paolo Fresu, che interviene ne “L’inverno in estate” e del violoncello di Giovanni Sollima, che suona nell’intro di “Dondola”.
Ivan mescola ancora una volta la grande tradizione d’autore italiana, il jazz e il pop nella sua forma migliore. Nei nove brani del cd, prevalgono il suo talento di musicista e pianista jazz e l’autore non concede nulla alle imposizioni del mercato ma, al tempo stesso, le composizioni si aprono su armoniose linee melodiche che diventano canzoni di gradevole ascolto. Ed è proprio la magia di questo amalgama a fare di Ivan Segreto uno dei nuovi cantautori più apprezzati dalla critica e dal pubblico.

Nel nuovo album “Ampia”, Ivan Segreto esplora con delicatezza temi legati al concetto di apertura, all’ideale di accoglienza, esteso fino a diventare disponibilità alla vita, anche nei suoi tratti più impegnativi.

E il tema dell’accoglienza ritorna più volte anche nell’intervista che abbiamo realizzato con lui, reduce, per altro, da un folgorante concerto alla Casa del Jazz, dove ha presentato il suo nuovo album, lo scorso 18 giugno, in una sala gremita ed entusiasta.

Presentando l’album, hai scritto: “La voglia di accogliere e di cogliere ciò che è oltre noi stessi, che viene verso di noi e che quasi sempre ci spiazza o addirittura ci turba…”. Cosa hai accolto, cosa colto in questi anni di musica?
Ho imparato ad accettare il presente con l’esperienza del passato, senza proiettarmi troppo verso il futuro, perchè per quanto siamo degli abili architetti, ci possono essere sempre degli imprevisti e il bello è proprio saperli accogliere.

«Feto amato, non ancor avuto. Feto avuto, ma non voluto»: così si apre Ampia, la canzone omonima del tuo nuovo album. Quanto ti ha influenzato la tua recente paternità per questo lavoro?
Praticamente Ampia ed Emma, mia figlia venuta al mondo tre mesi fa, sono nate in parallelo. Ho finito di registrare l’album tre giorni dopo la nascita di mia figlia e della paternità, nell’album, ci sono tutti i turbamenti e le contraddizioni che deve affrontare un neo genitore. La società è poco accogliente verso il tema della maternità o paternità, ci stimola poco ad avere figli, complicando tutte le cose. Invece il processo che la donna, in questo caso mia moglie, ha affrontato, è entusiasmante. C’è tutto un lavoro psico-fisico che la donna deve affrontare nell’attesa della vita che arriva. La donna cambia, è un processo lento ma incessante. E la nascita è travolgente. E’ una cosa fantastica.

Solo tre anni fa aprivi i concerti di Battiato. Ora lui collabora al tuo disco. Qualcosa è cambiato… E tu?
Io anche! La collaborazione di Franco è stato un regalo stupendo, una piccola conquista. Ma tutte le collaborazioni sono state generose sia in termini professionali che umani. Sono felice che abbiano accolto la mia proposta.

Fresu e Sollima non è che si prestino spesso alle canzoni…
Ho cercato di collocare ogni singola identità artistica in un contesto accogliente per loro. Ma non anticipo nulla, perché è difficile portare su un piano descrittivo la musica, che, piuttosto, va ascoltata.

In “Ampia” hai lasciato tanto spazio a musica e suono, cosa insolita per un album di canzoni. Hai aggiunto le chitarre, sia acustica che classica, e ci sono anche i controcanti. È passato solo un anno da “Fidate correnti”, la tua precedente produzione discografica, ma dietro sembra esserci uno studio più lungo…
Il processo non è lungo, ma inteso sì. Ampia è frutto di un complesso percorso di un anno. Ho ascoltato tanta musica che mi ha influenzato, così come i viaggi, seppur brevi, che ho fatto. Ampia rappresenta un quadro della complessità di questo periodo. E’ uno spaccato, non è tutto. Ma risulta coerente perché non ho spinto troppo, anche per evitare uno scollamento tra me e i lavori precedenti.

Tu nasci pianista jazz, hai studiato per un breve periodo il contrabbasso e la tromba. Ma come sono arrivati il canto e la composizione dei testi?
Mi ci sono un po’ trovato. Ho cercato di fare di necessità virtù, come si suol dire. La mia casa discografica, in questo è stata abbastanza accogliente, per tornare al tema dell’inizio ha lasciato che anch’io capissi con il tempo le mie potenzialità. Mi accorgo che la mia voce è più matura di prima. Io stesso mi sto scoprendo e mi si può conoscere attraverso i dischi.

28 giugno 2007

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