La PFM racconta la sua opera rock

Trenta brani, per un totale di circa due ore di musica. Il debutto del kolossal al Gran Teatro di Roma il prossimo 2 marzo di Concita De Simone

Dire Dracula è dire uno dei mostri dell’horror più popolari. Ma dopo aver ascoltato l’album omonimo della Premiata Forneria Marconi (PFM), ed essersi fatti coinvolgere dalle suggestioni musicali, non sarà più soltanto questo. Il vampiro straziato per amore, creato da Bram Stoker, è anche il protagonista del kolossal ideato e realizzato dalla PFM e prodotto da David Zard (quello di “Notre Dame de Paris” di Cocciante): non un semplice musical ma una vera e propria opera rock, che debutterà al Gran Teatro di Roma il prossimo 2 marzo. Diretto da Alfredo Arias e interpretato da Vittorio Matteucci, lo spettacolo sarà costituito da trenta brani, per un totale di circa due ore di musica, apprezzate soprattutto dagli amanti del rock. Dall’album invece sono rimasti esclusi una ventina di pezzi, in gran parte sinfonici e operistici, ma non per questo viene meno il grande impatto sonoro di cui il gruppo è capace. E forse solo la PFM poteva pensare a un’opera rock tutta italiana. La Premiata Forneria Marconi è stata probabilmente la più rappresentativa band del progressive rock italiano, genere in cui confluiscono frammenti di musica classica, jazz, musica popolare e rock, e riscuote un notevole successo all’estero, soprattutto in Giappone o negli Stati Uniti, arrivando addirittura a raggiungere le prime posizioni nelle classifiche americane. Del gruppo fanno parte Franz Di Cioccio, batteria, percussioni e voce, Patrick Djivas, basso, Flavio Premoli, tastiere e voce e Franco Mussida, chitarre e voce, che raccontare a Roma sette questo progetto.

Franco Mussida, solo dalla PFM poteva essere concepita un’opera rock italiana di questa portata…
Siamo sempre stati abituati all’idea degli “album concepì” che andavano negli anni Settanta, quelli cioè dove c’era un’unica idea sviluppata nelle varie canzoni. Lavorando sempre con una molteplicità di linguaggi ci è risultato stimolante riprendere questa corrente, considerando poi di avere a disposizione l’orchestra e i cori. È stata un’esperienza divertente anche se molto impegnativa perché durata circa tre anni.

Dracula è tanto spaventoso nella memoria di tutti quanto estremamente umano nella vostra opera rock. Perché avete scelto proprio questo soggetto?
Spesso non scegliamo ma ci imbattiamo nelle cose. È successo così per Dracula, entrato nella PFM grazie al fatto che Flavio Premoli lavora nel cinema, per colonne sonore diverse, e gli era capitato di immaginare un progetto del genere. Franz Di Cioccio, il “promoter” del gruppo, ne ha parlato con David Zard, che ne è rimasto entusiasta, e allora abbiamo cominciato a lavorarci su.

Trattandosi di un vampiro, ci si potrebbe aspettare un disco violento con sonorità cupe e macabre. Invece è intimista, lirico e molto “rock progressivo”.
Abbiamo fatto un lavoro completo, immaginando lo spettacolo nel suo insieme. Delle volte però ci siamo puramente immaginati noi delle situazioni. Per scrivere musica io ho bisogno di immaginarmi delle scene. Ma è stato molto bello lavorare con l’autore delle liriche Vincenzo Incenzo, una vera e propria scoperta. Ci sono, nell’opera, dei momenti molto duri, anche se più che di durezza si può parlare di energia, perché il termine durezza non calza bene. Così come non c’è orrore nella commedia perché abbiamo cercato di descrivere più che un mostro un essere che esaspera ed esagera tutte le stesse tendenze dell’uomo, soprattutto i sentimenti, l’odio, l’amore. E abbiamo cercato di sciogliere questi sentimenti in una molteplicità di cose. Infatti sono esasperate anche la tenerezza, la nostalgia, la gioia, la volitività. La stessa molteplicità si ritrova esattamente nella musica progressive, dove ci sono varie componenti, dal classico al rock, passando per il jazz.

Ma come sta il rock italiano?
Si fa fatica a capire cosa voglia fare il rock. I testimoni sono alcuni cantanti come Vasco Rossi o Ligabue, o gruppi come i Negramaro o altri, che però fanno un rock “canzone” che risulta strano. Il progressive rimane una piccola nicchia. Anche se non è più il caso di parlare di progressive, che andava bene negli anni Settanta. Oggi è più corretto dire, purtroppo, “regressive”!

Nel brano “Il confine dell’amore” si dice: «È una storia che insegnerà che l’amore confini non ha». Certo, la storia di Dracula è un modo originale e insospettabile per parlare d’amore nelle canzoni di oggi.
In realtà bisogna distinguere di quale amore si parla. Qui si parla della passione per la persona amata, dietro cui si nasconde un amore molto più grande che è quello per l’individuo in generale. Anche nell’attrazione per una persona c’è sempre qualcosa di più profondo che lega l’uno all’altro, o almeno dovrebbe essere così. E Dracula cerca attraverso l’amore una redenzione che va al di là della persona amata. C’è un antico proverbio che dice: “Non tutto il male viene per nuocere”. E questo si può applicare anche per Dracula. Il male non nuoce soltanto, e questo dipende da noi. Dracula, nella sua totale negatività, svolge il ruolo di farci capire questo. Abbiamo sempre due opportunità: o reprimere il male con la violenza o redimerlo, strada più difficile ma essenziale.

Oltre a essere chitarrista e voce della PFM sei anche fondatore del Centro Professione Musica di Milano, per cui realizzi sempre dei progetti educativi molto ambiziosi. Come sono e cosa cercano i tuoi allievi?
Potrei dire che da noi c’è sempre la sfida della musica. I ragazzi sentono nella musica un elemento forte che va al di là del palcoscenico, delle luci, delle paillettes, elementi che purtroppo, al mondo d’oggi spingono tanti ragazzi ad occuparsi di musica. La musica rimane comunque un elemento di comunicazione. Magari hanno problemi in famiglia per mancanza di comunicazione o per incomprensioni. Invece la musica sembra sempre il linguaggio più diretto. Ma noi cerchiamo di spiegarla e far passare attraverso essa anche altri valori.

3 febbraio 2005

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