Nicky Nicolai e il “recitar cantando”
Venerdì 24 novembre la cantante sarà in concerto all’Auditorium per Operation Smile Italia onlus di Concita De Simone
«Ho provato a cantarti le canzoni di quelle che canta la gente, ma le canzoni che passa la radio non sono di classe, non sanno di niente». La frase è tratta da “Gli itinerari del cuore”, scritta da Bruno Lauzi, scomparso lo scorso 25 ottobre, cantata da Nicky Nicolai nel suo ultimo album “L’Altalena”. Lei, invece, di classe ne ha da vendere. Oltre a eleganza, raffinatezza, una splendida voce e una grande simpatia. Nata a Roma da genitori abruzzesi, dopo aver frequentato negli anni ’80 i corsi di recitazione tenuti da Beatrice Bracco per l’applicazione del metodo Stanislawski al canto e all’uso del corpo sul palcoscenico, nel 1992 inizia lo studio accademico del canto lirico e si diploma presso il conservatorio Piccinni di Bari. E poi musical, concerti come interprete jazz, l’incontro con il noto sassofonista Stefano Di Battista – che oltre ad essere diventato suo marito è anche il suo partner nel lavoro – fino al Festival di Sanremo 2004, con “Che mistero è l’amore”, con il Nicky Nicolai/Stefano Di Battista Jazz Quartet, che arrivano primi nella categoria gruppi. Da qui l’album di debutto, “Tutto passa”. Nel 2005 un altro Sanremo, stavolta da solista con “Lei ha la notte”, inserita nell’album “L’Altalena”, che rappresenta uno di quei rari momenti in cui la musica e la canzone dimostrano come sia ancora possibile fuggire dall’industria dell’abitudine, dai tortuosi quanto prevedibili percorsi del pop. E vale la pena ascoltarla. Dal vivo, lo si potrà fare venerdì 24 novembre 2006 alle ore 20.30 alla Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica in un concerto a favore di Operation Smile Italia onlus, fondazione costituita da medici e volontari che realizzano missioni umanitarie per correggere con interventi di chirurgia plastica ricostruttiva gravi malformazioni facciali.
Allora, “Le canzoni che passa la radio non sono di classe, non sanno di niente”?
Spesso è così. Non lo dico per snobismo. Il guaio è che se non ci passano le radio, è un disastro per la promozione. Bruno mi ha concesso questa canzone in cui mi ritrovo. Ho un ricordo molto vivo di Lauzi, anche perchè l’ho incontrato al suo ultimo concerto a Villa Celimontana lo scorso agosto. Era incredibile, faceva tenerezza, perché stava con una mano appoggiato al piano, che non ce la faceva a stare dritto. Un corpo che non reggeva più ma una mente e un cuore che volevano andare oltre. Allegro e ironico, pronto sempre a dare forza agli altri. È sempre stato un po’ un maestro con me. Ricorderò sempre la sua pacatezza, una lezione per tutti noi che andiamo di corsa.
Sei una delle poche ad aver studiato seriamente prima di arrivare a fare dischi…
Ho cominciato a studiare perché ero un po’ un cavallo pazzo, invece volevo dare un senso alla mia passione per il canto. In Italia non esiste nessun altro diploma ufficiale se non quello per il canto lirico e così mi ci sono dedicata.
Recentemente hai interpretato la regina Isabella di Castiglia nella commedia musicale “Datemi tre caravelle” con Alessandro Preziosi e le musiche di Stefano Di Battista.
Un’esperienza bellissima, anche perché mi piace molto fare teatro e sogno di fare uno spettacolo tutto mio. Ogni sera si imparano cose nuove.
Cosa ami del tuo lavoro e cosa, invece vorresti evitare?
In realtà è stato difficile amarlo. Ho sempre avuto bisogno di semplicità, invece mi sono resa conto che in questo mestiere bisogna anche “farsi vedere”. Lo faccio con passione, con amore. Ma è meno idilliaco di quello che pensavo da bambina. Ci sono tante contraddizioni, difficoltà. È molto facile essere manipolati e anche auto condizionarsi. In questo ultimo album, ad esempio, ho cercato di mettere un po’ tutto quello che sono. Contiene stili diversi e collaborazioni differenti; oltre a Lauzi, Mario Venuti e Kaballà, Bungaro, Pasquale Panella, Jovanotti e Giovanni Allevi Mario Reyes, ex Gipsy King che mi ha fatto cantare in spagnolo, e ho inserito anche “Fenesta Vascia” un classico napoletano del’500. Non mi piacciono le etichette. Ho lavorato tanto, facendo dal pianobar ai musical passando per la tv, quindi vorrei essere libera di cantare tutto, esprimendo sempre le sonorità che mi appartengono.
Tu insegni anche canto in una nota accademia romana. Come si diventa dei bravi interpreti?
Nel Cinquecento si diceva “recitar cantando”. La cosa che dico sempre è recitare le parole, pensare a quello che si sta cantando. Bisogna interiorizzare le emozioni, proprio come quando si recita.
10 novembre 2006