Turkson alla Festa dei Popoli: «Trasformarci in gente di missione»

In 10mila per lo storico appuntamento organizzato dai Padri Scalabriniani, Caritas e Migrantes. Al termine della celebrazione, un minuto di silenzio davanti alla “Croce degli scarti” di Lampedusa di Mariaelena Finessi

«La diversità è un valore che arricchisce la vita sociale», ed è bello poterla celebrare «ma c’è una ragione in più» che tiene insieme i tanti stranieri ritrovatisi domenica 18 maggio nella basilica di San Giovanni in Laterano. A presiedere la santa Messa per la 23esima edizione della Festa dei Popoli è il cardinale Peter Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: «Malgrado le differenti lingue, etnie e provenienze geografiche – spiega il porporato -, siamo convocati qui come comunità cattolica migrante. Ossia condividiamo l’essere persone che hanno lasciato la propria casa e i paesi di origine e che hanno eletto questa città come loro nuova casa». Come fecero prima ancora i discepoli, «che per seguire Gesù abbandonarono prima le proprie abitazioni e poi, dopo la Pentecoste, anche la terra di nascita, al pari dei missionari». E, proprio come questi ultimi, per annunciare il vangelo, «cioè per condividere ciò che di bello il Signore ci ha lasciato».

Per Turkson la sfida è allora questa: «Possiamo trasformarci da gente che cerca casa in gente di missione, come dice anche il Papa, perché tutti si è capaci di condividere le grazie ricevute dal Signore». Chi accoglie è, a sua volta, accolto: «Due modalità di esperienza migrante che non si oppongono quasi fossero mutuamente escludenti, ma suggeriscono la possibilità che uno influenzi l’altro».

Quanto al vero e unico diritto di cittadinanza, il porporato cita il Vangelo là dove Gesù promette una casa ai suoi discepoli: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi». La casa del Padre, però, «è il luogo che spetta solo ai figli per diritto di nascita», ricorda Turkson, ma Gesù facendosi uomo tra gli uomini «è diventato “il primogenito tra molti fratelli”, ed ha reso questi “molti fratelli” anche figli e, dunque, aventi diritto alla casa del Padre».

Per lo storico appuntamento interculturale promosso dai missionari scalabriniani e dalla Caritas e dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma, in 10 mila hanno affollato i giardini fuori della basilica lateranense. Al termine della celebrazione eucaristica, la cui liturgia è stata animata dai canti e dalle preghiere in lingua originale delle varie comunità straniere presenti in città – da quella brasiliana alla congolese, dalla libanese alla nigeriana – ci si è ritrovati per un minuto di silenzio dinanzi alla “Croce degli scarti” di Lampedusa, costruita con i relitti dei barconi che hanno tentato la traversata del Mediterraneo e custodita oggi nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, negli spazi di quel Memoriale “Nuovi Martiri” del XX e XXI secolo voluto, nel 1999, da Giovanni Paolo II.

Alla giornata di festa hanno preso parte con l’allestimento di stand e spettacoli folkloristici uomini, donne e bambini di circa 60 Paesi, alcuni dei quali aperti alla collaborazione anche con la comunità islamica. Come l’Indonesia ad esempio. A raccontarlo è Winy che, nel distribuire depliant fotografici delle paradisiache isole di Java e Sumatra, spiega come, pur cattolica, abbia invece una sorella musulmana e una cognata protestante: «Siamo tolleranti, abituati da secoli alla convivenza».

Certo, non è sempre facile: «Quando ho deciso di convertirmi, abbandonando l’Islam per abbracciare il cattolicesimo, io stessa avevo timore di rivelarlo. Poi mi sono detta che qualcuno, ad esempio mia figlia, bisognava pure che lo sapesse, altrimenti quando morirò – sintetizza con un divertito sarcasmo – con quale rito funebre mi seppelliranno?». Winy sorride ma poi il suo viso torna a farsi serio: «Con il battesimo ho scelto di chiamarmi Monica, come la madre di Sant’Agostino, per tutto ciò che rappresenta per la Chiesa ma anche per il suo essere un vero esempio di amore materno».

19 maggio 2014

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