Tutta l'”Arte” di Bungaro

Intervista al cantautore pugliese in concerto all’Auditorium, sabato 9 ottobre. Ospiti sul palco della Sala Petrassi: Fiorella Mannoia, Paula Morelenbaum, Omar Sosa, Ambrogio Sparagna e Neri Marcorè di Concita De Simone

Caso strano quello di Bungaro, al secolo Antonio Calò, brindisino classe 1964, autore e cantautore tra i più raffinati dell’attuale panorama musicale. Incanta la critica (vedi, ad esempio, l’indimenticabile “Guardastelle”, che riceve il premio “Volare” per la miglior musica nel Sanremo 2004 e si aggiudica anche il “Premio Lunezia”, riconoscimento al valore letterario delle canzoni) e seduce i colleghi che gli chiedono canzoni (Ornella Vanoni, Fiorella Mannoia, Antonella Ruggiero, Massimo Ranieri, Lucilla Galeazzi, Nicky Nicolai, Patrizia Laquidara, per citarne alcuni tra gli italiani e Youssou N’dour, Omar Sosa, Daniela Mercury, Paula Morelembaum, Kay McCarthy, per dirne altri tra gli stranieri). Bungaro, capace di diventare anche più “pop” scrivendo per giovani talenti come Valerio Scanu e Roberta di Amici, e Marco Mengoni di X Factor, ma che, per il grande pubblico, rimane uno “di nicchia”. E lui, vedremo, ne fa motivo di orgoglio.

Ascoltare dal vivo per credere, in un concerto davvero unico, che, sabato 9 ottobre, vedrà Bungaro esibirsi sul palco della Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica per presentare il suo ultimo album “Arte” con alcuni ospiti d’eccezione: Fiorella Mannoia, Paula Morelembaum (dal Brasile), Omar Sosa (da Cuba), Ambrogio Sparagna e Neri Marcorè. Un vero e proprio universo artistico e musicale che sarà accompagnato da altrettanti musicisti prestigiosi come: Aidan Zammit alle tastiere e pianoforte, Lorenzo Feliciati al contrabbasso e basso elettrico, Lucrezio De Seta alla batteria, Michele Ascolese alle chitarre e bouzouki, oltre un quartetto d’archi.

Un live, quello in anteprima a Roma, in cui si evolve il suo progetto discografico prima di un vero e proprio tour internazionale che si concluderà a Rio de Janeiro con l’uscita e la presentazione di “Arte” per la Biscoito Fino, l’etichetta che rappresenta l’eccellenza della musica brasiliana.

“Arte” contiene in sé un mondo sognante e uno più vicino alla vita e ai sentimenti. Entrambi emozionanti. Quattordici brani, scritti e pensati da Bungaro e Pino Romanelli fatta eccezione per “Il destino infortunato”, brano in cui Bungaro firma la musica di un testo inedito di Sergio Endrigo in cui la poesia del testo è sostenuta dal pianista cubano Omar Sosa e dalle invenzioni del contrabbasso di Ferruccio Spinetti. E poi, due brani in dialetto salentino danno una particolarità ritmica al disco: “Madonna del finimondo”, un canto appassionato di Lucilla Galeazzi che si fonde con l’organetto di Ambrogio Sparagna creando una danza frenetica e liberatrice come una taranta che affronta però le problematiche di oggi, e “Piccenna mia”, ninna nanna dedicata alla figlia Giulia che celebra l’incontro tra la poesia dialettale e l’universo musicale brasiliano che si esprime attraverso la chitarra di Guinga. E se l’inconfondibile voce di Fiorella Mannoia si accompagna a quella di Bungaro ne “Il Deserto”, è il portoghese di Paula Morelenbaum a condividere con Bungaro le strofe di “Arte”, brano che dà il titolo all’album. Senza dimenticare l’ironica partecipazione di Neri Marcoré ne “Il piacere di vederti”.

Bungaro, parlaci di questo prossimo concerto…
Sarà imprevedibile, pieno di sorprese. Avrò sul palco tutti gli ospiti del disco, un insieme pazzesco e pieno di energia, una grande partecipazione da parte di amici e colleghi con cui collaboro da tanto. In una sola serata c’è tutto un mondo musicale che arriva. La cultura cubana di Omar Sosa, quella brasiliana della Morelembaum, quella popolare di Sparagna. Ma non è un insieme a caso; piuttosto un itinerario che segue la logica del disco. Inoltre, ci saranno immagini e proiezioni e canterò anche canzoni non mie, come “La donna riccia” di Modugno, che mi porto sempre dietro. Tra l’altro in questo periodo più che mai mi sento più legato a Modugno perché sto lavorando alla colonna sonora di un film-documentario su di lui, finanziato dall’Apulia Film Commission, che uscirà tra qualche mese.

Il tuo intimismo sembra quasi in controtendenza con l’epoca dell’“apparire a tutti i costi”.
Io sono contro la velocità. Credo che sia pericolosa in ogni campo. Sono sempre stato attratto dalla lentezza, dalla pazienza. Credo che il tempo non vada sprecato, che si possa dedicarlo magari a meno cose ma di maggiore qualità.

Nel tuo album coesistono sonorità brasiliane e riferimenti al tuo Salento. Che relazione c’è?
C’è la stessa provenienza, il sud nel senso metaforico. Ci sono la passione, la mediterranietà, il calore e quella che io chiamo la “sofferenza sorridente”.

A proposito, l’album uscirà anche in Brasile. Che aspettative ci sono?
Sì, uscirà a gennaio e ci sono grandi aspettative, visto che da due o tre mesi la mia voce gira già in Brasile perché interpreto un brano scritto da me e che è il pezzo portante di una telenovela, “Passione”, in onda su Rete Globo, che fa milioni di telespettatori!

Tu hai dichiarato che la tua non è una carriera “discografica”. In che senso?
È una carriera fatta di scelte di coraggio, di vita, spero di coerenza e di qualità. Anche in tempi non sospetti, ho sempre pensato che la discografia facesse morire un certo tipo di musica. Oggi c’è una grande confusione sulla progettualità. Ma, per fortuna, “fanno mercato” anche grandi artisti come Battiato, Conte, Mannoira, Fossati, Consoli, o un Capossela o un Jovanotti. Cioè, quelli “pensanti”. Tutto il resto va e viene. Io cerco sempre di fare le cose giuste, non rincorro il successo. Per me il successo è scegliere e la soddisfazione è arrivare comunque all’Auditiorium.

1 ottobre 2010

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