Vinicio Capossela con i suoi “Marinai, Profeti e Balene” in concerto
Domenica 26 giugno il cantautore sarà a Villa Adriana, a Tivoli, accompagnato da una ciurma di musicisti con i loro strumenti non convenzionali di Concita De Simone
Vinicio Capossela è quel che si dice un fenomeno: non si vede spesso in tv, anzi, quasi per niente, eppure il suo ultimo disco, “Marinai, Profeti e Balene”, è stabile al terzo posto nella classifica dei più venduti dopo Vasco Rossi e i Modà, e i suoi concerti sono sempre affollatissimi. A dispetto della tv commerciale e della promozione forzata e a vantaggio di quanti ancora apprezzano la musica originale e di qualità. Sarà così anche domenica 26 giugno, quando sarà protagonista del concerto a Villa Adriana, per la quinta edizione del Festival Internazionale di Tivoli prodotto dalla Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Mibac – Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio e il Comune della cittadina alle porte di Roma.
Istrionico e teatrale sul palco, Capossela saprà coinvolgere il suo pubblico come avvenuto qualche giorno fa nella prima data romana del tour, quando ha invitato a salire a bordo la calorosa platea e ha fatto rotta verso lo smisurato mare del suo ultimo album, un’opera sul viaggio e il mare come metafora e scenografia del destino umano, tra musica e letteratura. «Siete a bordo, e per un bel pezzo non vedrete terre conosciute, perciò godetevi il viaggio, basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita», ha detto ai presenti.
A fare da scenografia, la carcassa di una balena che accoglie nel suo ventre Capitan Vinicio, circondato dalla ciurma di musicisti con vari strumenti non convenzionali: Mauro Ottolini, che suona trombone, conchiglie, ottoni, flauti, kalimba, temporale; Achille Succi con ance, flauti, shakuhachi, shehnai, tin whistle; Alessandro “Asso” Stefana alle chitarre, banjo, baglama; Glauco Zuppiroli al contrabbasso; Zeno De Rossi alla batteria, conga, gong delle nuvole, teste di morto; Francesco Arcuri alla sega musicale, campionatore, steel drum, saz, santoor; e Vincenzo Vasi al theremin, campionatore, marimba, voce, glockenspiel.
Sono lontani ormai i tempi delle tarantole del “Ballo di San Vito”, ma, seppur con ambientazioni diverse, Capossela non ha perso affatto il suo fascino dal vivo, grazie alla sua capacità di raccontare e rapire con musica e parole. Il cantautore presenta in queste settimane il suo nuovo doppio album, 19 tracce inedite ambientate in mare, perché solo lontano dalla terraferma l’uomo può capire il senso della propria vita, attraverso il viaggio, la conoscenza, la scelta, il coraggio, l’errore, la presenza e l’assenza.
Un “concept album” avremmo detto negli anni settanta. Un lavoro ambizioso, diciamo oggi. Il quarantacinquenne Capossela ci rende dunque partecipi di questo progetto che trova ispirazione nella letteratura di tutti i tempi trasportando gli ascoltatori in un mare in continuo movimento, sopra e sotto la superficie. Da “Moby Dick” di Melville nella traduzione di Cesare Pavese, a “Scandalo negli abissi” di Céline, a “Lord Jim” di Conrad, al Libro di Giobbe nella traduzione di Ceronetti, alla Bibbia («Il testo più selvaggiamente saccheggiato del rock’n’roll», ha dichiarato lui stesso), e poi l’Odissea con ciclopi e sirene, e la mitologia greca con Pleiadi, ninfe e indovini.
“Marinai, Profeti e Balene”, è stato inciso a strati, potremmo dire. Le voci e il piano sono stati incisi in luoghi marini, a cominciare da Ischia, dove ha fatto issare un pianoforte Seiler a coda lunga, che risale a ottant’anni fa, a ottanta metri sul livello delle onde, nella sagrestia della cattedrale dell’Assunta, per poi approdare a Creta. «È stato un privilegio uscire dal meccanismo dello studio di registrazione, per poter lavorare in un ambiente così suggestivo, anche di notte o di mattina presto, in totale solitudine», ha dichiarato lo stesso Capossela in proposito.
Vale la pena andarlo a sentire, anche perché ci insegnerà ad ascoltare il canto delle sirene. «Chi va per mare il mare se lo prende» e le sirene lo assalgono. Il loro «canto incessante è pieno d’inganni e ti toglie la vita mentre la sta cantando». Il sipario si chiude «come all’epoca del grande diluvio, e noi soltanto ci siam salvati per potervelo raccontare».
3 giugno 2011