Ambrogio Sparagna e la ChiaraStella
Il direttore dell’Orchestra Popolare Italiana in concerto all’Auditorium con Dalla, Avion Travel e Cristicchi di Concita De Simone
Quante volte, in questi giorni, avete sentito cantare da più parti “Tu scendi dalle stelle”, “Quanne nascette ninno” e “Fermarono i cieli”? Forse non tutti sanno che questi brani legati alle festività natalizie, hanno origine da repertorio del vescovo – oggi santo – Alfonso Maria de’ Liguori che, nella seconda metà del Settecento, arricchì il suo lavoro pastorale fra i poveri del Regno di Napoli, con la pratica di alcune “canzoncine” spirituali composte sia in dialetto che in italiano. Si trattava di canti dall’impianto semplice che traevano spunto da temi popolari con cui il missionario insegnava ai “lazzari” i fondamenti del cristianesimo, facendoli diventare protagonisti di cerimoniali liturgici mediante la creazione di appositi gruppi di preghiera.
Un po’ di “luce” su queste antiche tradizioni, viene fatta in questi giorni all’Auditorium del Parco della Musica dove è arrivata la ChiaraStella, un progetto originale di Ambrogio Sparagna in esclusiva per Natale all’Auditorium, che ripropone i più famosi canti natalizi della tradizione italiana elaborati per l’Orchestra Popolare Italiana ed eseguiti insieme ad ospiti musicali d’eccezione, conservando lo spirito originario con cui queste antiche preghiere popolari cantate furono composte. La tre giorni, iniziata ieri sera, prosegue oggi, venerdì 4, ospitando Simone Cristicchi, che ha il compito di interpretare alcuni canti di questua per l’Epifania della tradizione toscana e marchigiana e domani con Lucio Dalla insieme a Marco Alemanno che proporranno Quanne nascette ninno e un’antica versione emiliana di Maria lavava.
Il programma delle tre serate è incentrato sul repertorio di Sant’Alfonso e comprende brani provenienti da varie regioni italiane tra cui Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Per esaltarne la naturalezza Ambrogio Sparagna li ha affidati all’interpretazione originale di un Quintetto vocale femminile e ad alcune giovani voci provenienti da varie parti d’Italia fra cui spicca Alessia Tondo, giovanissima cantante salentina della Notte della Taranta.
Accanto a loro alcuni ospiti fissi speciali: le voci di Peppe Servillo e Mimmo Ciaramella, insieme alla chitarra di Fausto Mesolella (Avion Travel). Altri protagonisti delle serate saranno una serie di “alberi di canto” della tradizione popolare italiana fra cui Orlando Mascia, straordinario virtuoso di launeddas sarde e la famiglia Marsella di Velletri depositaria dell’antica tradizione del canto di questua della Pasquella. Nei tre giorni di spettacolo del progetto La ChiaraStella, si svolgerà una grande mostra – mercato di prodotti artigianali, comprendenti quelli già proposti nel corso degli appuntamenti di dicembre in regione, dall’Azienda Romana Mercati.
Parla del progetto Ambrogio Sparagna, musicista ed etnomusicologo, fondatore e direttore dell’Orchestra Popolare Italiana.
Le tre serate all’Auditorium sono state precedute da una serie di “avvistamenti”, sei appuntamenti speciali in altrettanti piccoli paesi della zona dei Monti Lepini. Com’è andata?
Va chiarito subito che la tradizione dei canti popolari sacri è fortissima ovunque. C’è una sorta di distrazione, dovuto all’ignoranza, per cui il canto popolare sacro vive una sua difficoltà ad essere rappresentato perché vene associato a una pratica o eccessivamente devozionale o legata a folklorismo becero. Certo, l’aspetto dello spettacolo è preminente ma è una forma speciale di fede. Non si può fare musica popolare religiosa a prescindere da un atteggiamento di fede. Il repertorio che eseguiamo è estremamente semplice, eppure capace di una grande suggestione.
Voi usate anche alcuni strumenti “a bordone” tipici, come la lira calabrese, la ghironda e la zampogna gigante: chi costruisce ancora questi strumenti?
Sono gli strumenti con cui è nata la polifonia, in essi c’è un suono fisso più uno che modula. Il più famoso è la zampogna. Quella gigante che abbiamo noi è uno strumento alto circa due metri, diffuso nel Regno di Napoli a partire dal XVIII secolo allo scopo di accompagnare con il suo timbro grave, così simile a quello dell’organo, i canti introdotti da Alfonso Maria de’ Liguori. Ancora oggi, in tante chiese italiane ci sono antichi organi del ‘700 e dell’‘800 che hanno questo registro che imita il suono delle zampogne. Tutti questi strumenti hanno trovato una nuova pratica anche tra i giovani. C’è ad esempio un ragazzo di Cassino, Marco Tomassi, ingegnere presso una nota azienda automobilistica, il cui nonno era uno zampognaro, che costruisce zampogne unendo l’impianto antico recuperato dalle tradizioni del nonno al sapere contemporaneo.
Dalla metà del Settecento ad oggi, come è stata tramandata la tradizione di questi canti?
Ci siamo persi qualcosa?
Ci siamo persi tanto. La tradizione vive se uno la utilizza. Non si tratta di musica scritta, ma la musica popolare ha una precisa funzione, in questo caso è quella della devozione. Ci tengo poi a sottolinearne il ruolo sociale. La nostra musica dà l’idea di una grande festa contadina, con ritmi coinvolgenti, serrati, grandi sonorità o alti momenti lirici e intimi. E così noi riportiamo i deboli e gli umili, da cui sono nati questi suoni, al centro della festa, ricreando una grande comunione tra le persone, in risposta ai messaggi mistificatori che ci vengono dalla tv. La considero un po’ la mia missione. Ci credo davvero.
A proposito, quando e perché è nata l’Orchestra Popolare Italiana del Parco della Musica di Roma?
Formalmente è nata dal giugno del 2007, dalla volontà dell’Auditorium di dare corpo a un progetto culturale di valorizzazione delle tradizioni italiane, nel momento in cui sembravano sopraffatte dai modelli televisivi. L’orchestra è un veicolo di comunicazione collettiva per far rivivere la musica popolare attraverso una riscrittura delle tradizioni e avvicinare i giovani. Vorrei citarne tre, provenienti dalla Sicilia, che si sono rivelati dei grandi musicisti: Mario Incudine, Antonio Vasta e Massimo La Guardia. Il numero dei musicisti varia a seconda dei progetti; noi attingiamo dai vasti repertori regionali, recuperando tanti generi diversi, dalle danze ai canti religiosi. E il grande repertorio etnomusicale nazionale affascina tutti, pubblico e musicisti, tanto che spesso ospitiamo amici come Cristicchi o Dalla provenienti da formazioni diverse.
4 gennaio 2008