Aspettando la beatificazione: i fedeli in visita alla tomba di Papa Wojtyla
Il ricordo di Papa Giovanni Paolo II. La gioia e la soddisfazione di pellegrini che visitano la tomba dell’amato Pontefice: «Il primo maggio saremo di nuovo qui» di Graziella Melina
Giovanni Paolo II sarà proclamato beato il prossimo 1 maggio. Benedetto XVI lo annuncia ai fedeli presenti a San Pietro durante l’Angelus di domenica: «La data scelta è molto significativa: la seconda domenica di Pasqua che egli stesso intitolò alla Divina Misericordia e alla sua vigilia terminò la sua vita terrena. Quanti lo hanno conosciuto, stimato e amato – prosegue il Pontefice – non potranno non gioire con la Chiesa per questo evento. Siamo felici!». La piazza accoglie la notizia con un grande applauso.
Tra i fedeli, la gioia e la soddisfazione di chi se lo aspettava o ci sperava, fa spazio ai ricordi, all’ammirazione, all’affetto incondizionato per Papa Wojtyla. «È stato un animo molto sensibile. Vicino alla gente, forse perché lui è stato un operaio, ha conosciuto le traversie, la stanchezza. Conosceva l’umanità», racconta Angela Gambacorta da Aranova, vicino a Fiumicino. «Un Papa buono, che ha voluto bene a tutti e ha cercato di unire dove l’unità non c’era. Ha girato per il mondo, in Africa è andato a vedere cosa c’era veramente. Io ci speravo che diventasse beato», aggiunge Virginia Bilato da Varese. Anna D’Alessandro e Raffaele Passaro vengono da Ladispoli. Giovanni Paolo II «è stato molto carismatico – commenta Anna – e poi ha lasciato un ricordo indelebile. Mio marito ha avuto l’opportunità di vederlo da vicino quando ci sono stati i salvataggi per il terremoto dell’Irpinia». «Per me santo lo è sempre stato – rincara Raffaele –. Quando ho subito un intervento l’ho sognato. E poi mi sono svegliato. Lui mi ha aiutato a superare quel momento difficile».
«È una notizia meravigliosa!», commentano Giusy Volpe insieme al marito Cosimo Caputo, una coppia di giovani medici del policlinico Gemelli. «Ho avuto la fortuna di abbracciarlo – racconta lei mentre sorride al piccolo Gianluigi che è nel passeggino –; il Giubileo del 2000 cantavamo per il coro interuniversitario. Poi con un piccolo gruppo di lettori ho avuto la possibilità di incontrarlo. La sensazione più bella è che ogni persona la trattava come se fosse unica. Ti guardava negli occhi, ti penetrava. Era come se apprezzasse ogni incontro». C’è poi chi lo ricorda perché è stato un «innovatore. Ha viaggiato, è stato a contatto con la gente», come spiega Chiara Marchi, 27 anni, da Treviso. Oppure ne sottolinea il suo essere «carismatico, perché arrivava dritto al cuore. Aveva un modo di parlare semplice. Riusciva a coinvolgere i giovani», come racconta poi Patrizia Natoli, da Napoli. «Veniva da radici umili. Per l’umiltà arrivava facilmente alle persone», prova a spiegare la figlia Patrizia Marcore, di 29 anni.
Simona Moltoni e Massimo Carletti sono una giovane coppia romana della parrocchia di Santa Maria Immacolata e San Vincenzo de Paoli. «La mia fede è nata e sviluppata con lui. È una colonna portante della cristianità», premette Simona, che poi ricorda: «Un messaggio che mandò ai giovani a Czestochowa era: “Non rassegnatevi alla mediocrità”; parole che ci sono rimaste sempre nel cuore, perché invitano a seguire il messaggio del Signore che dice che siamo chiamati a cose grandi». «Siamo cresciuti con il Papa – aggiunge poi Massimo –; la beatificazione per noi era scontata. Cerchiamo sempre i miracoli fisici quando in realtà Giovanni Paolo II ha fatto miracoli come la Gmg, ha contribuito al crollo del muro di Berlino…».
«Ha voluto conoscere civiltà e culture diverse, si è aperto al mondo. Fa piacere ora poterlo avere qui e continuare a pregare», spiega Maria Cristina da Roma. Le spoglie di Wojtyla saranno infatti traslate dalle Grotte Vaticane, dove si trovano ora, alla cappella di San Sebastiano, alla destra della navata centrale tra la Pietà di Michelangelo e la Cappella del Santissimo Sacramento.
Intanto il via vai dei fedeli che visita la tomba di Giovanni Paolo II è incessante. «È come se fosse una cosa naturale che venga fatto beato. Per quello che lui era, è giusto che continui così la sua storia», commenta Luisa della provincia di Lodi, a San Pietro sabato sera insieme al marito e i due bambini. Giorgio Brunelli e Filippa Rinaudo lo ricordano quando andò in visita nella loro parrocchia dei Santi San Gioacchino e Anna. «Quel giorno il Santo Padre – raccontano – incontrò i genitori degli scout e disse loro: “Ricordatevi sempre di restare vicini ai vostri ragazzi e di aiutarli in ogni loro passo. Questo è il compito che il Papa vi dà”». Roberto Visentin da Colleferro, poi, ha sempre presente ancora adesso «il sorriso, che trasmetteva l’ottimismo di guardare alla vita fiduciosi che qualcuno ci aiuterà». «Amava l’umanità, non distingueva il buono dal cattivo ed è difficile amare il male dell’umanità, e lui con la sua santità l’ha superato», aggiunge Daniela Tomasis, ex insegnante di lettere, della parrocchia dei Santi Antonio e Annibale Maria. «Lo abbiamo sempre seguito e ora la sua beatificazione è il coronamento di un’attesa. Il primo maggio – assicura – noi staremo qui!».
17 gennaio 2011