IUC: sacro e profano nel Novecento musicale
Nell’Aula Magna de “La Sapienza” Francesco Lanzillotta dirigerà due capolavori del secolo scorso. «Stravinskij è uno dei motivi per cui io ho iniziato a studiare musica». «L’insegnamento di Petrassi è fondamentale» di Francesco d’Alfonso
Un esempio di musica “cubista”, analoga alla pittura di Picasso e Braque: l’“Histoire du soldat” di Igor Stravinskij, che narra di un soldatino a cui il diavolo ruba il violino e l’anima. Un “obolo francescano”, capolavoro del Novecento: “Laudes creaturarum”, che Goffredo Petrassi scrisse nel 1982 basandosi sul “Cantico delle creature” di Francesco d’Assisi, quando orientava la scelta dei testi da musicare sempre più la verso la spiritualità cristiana.
Due opere narrativamente in contrasto: una ha per protagonista il diavolo, l’altra un santo. Organici strumentali particolari, un settimino per Stravinskij – violino, contrabbasso, clarinetto, fagotto, cornetta a pistoni, trombone, batteria – e un insolito sestetto per Petrassi – 3 clarinetti, 2 tromboni, violoncello. Entrambi i brani sono “raccontati” da una voce recitante, anche se con modi e espressività differenti.
Forse proprio per tutto quello che li rende distanti l’uno dall’altro, questi due gioielli musicali si incontreranno nel concerto di sabato 15 gennaio alle 17.30 nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza. Protagonisti della serata proposta dall’Istituzione Universitaria dei Concerti saranno Peppe Servillo, leader degli Avion Travel, che sarà la voce delle “Laudes” e dell’“Histoire du soldat”, e l’Ensemble Roma Sinfonietta; sul podio Francesco Lanzillotta.
Con il trentatreenne direttore romano – peraltro anche talentuoso compositore – da poco nominato direttore principale ospite del Teatro di Varna (Bulgaria), abbiamo parlato delle due opere che domani dirigerà per la IUC.
Quali differenze sostanziali ci sono tra l’“Histoire du soldat” e le “Laudes creaturarum”?
In Stravinskij la trasposizione musicale del racconto è molto più esplicita e l’ascoltatore arriva subito a capire quello che il compositore sta comunicando. Quando, ad esempio, c’è la “Danse du diable”, l’incessante ritmo crea un’ atmosfera terribile, in cui il diavolo sembra dire: «Vincerò io». Quella di Petrassi è invece una scrittura più moderna, inserita nel concetto di avanguardia. Si tratta di una scrittura “visiva” direi, anche se in essa non c’è nulla di aleatorio. Quello che risulta evidente nelle due opere è l’opposta gestione del ritmo da parte dei compositori: in Stravinskij c’è un concetto di ritmo virtuosistico, verticale; in Petrassi è invece orizzontale.
Se ne deduce, quindi, che anche il ruolo dell’attore sia concepito in modo diverso.
Certo. La presenza della voce recitante è pensata in modo completamente differente: nell’opera di Stravinskij l’attore ha grande libertà espressiva – Servillo ha riscritto in napoletano la parte del Soldato –; nelle “Laudes” è privato dalla possibilità di interpretare, è quasi incastrato all’interno della composizione.
L’opera di Petrassi può essere considerata “musica sacra”?
Nelle “Laudes creaturarum” non riesco a cogliere una drammaticità sacra. Colgo piuttosto una grande spiritualità. L’attenzione di Petrassi al testo francescano avviene con una sorta di madrigalismo musicale: l’autore descrive la parola con il suono. Ecco un esempio: San Francesco loda il Signore per «frate Focu» con le parole «et ello è bello et iocundo et robustoso et forte»; ci sono nel testo quattro aggettivi che Petrassi sottolinea con quattro note acute dei tromboni e del violoncello. Su «robustoso» fa entrare anche il clarinetto, che rafforza il carattere dell’aggettivo. Tutto ciò contribuisce a sottolineare l’idea mistica del brano.
Theodor Adorno, nel suo libro “Philosophy of Modern Music”, definisce Stravinskij un acrobata, un funzionario statale, un manichino da sarta, psicotico, infantile e devoto solo al denaro. Concorda o dissente?
Dirò solo che Stravinskij è uno dei motivi per cui io ho iniziato a studiare la musica. Stravinskij è così innovativo da creare una nuova strada per la composizione: del resto la sua personalità musicale è talmente marcata al punto da non essere ascrivibile a nessuna scuola. Dirigere Stravinskij mi provoca un piacere fisico: è come giocare una partita a calcio con gli amici!
Un giudizio su Goffredo Petrassi?
Nei confronti di Petrassi nutro un profondo rispetto. Ho avuto, tra l’altro, la fortuna di conoscerlo personalmente, a 17 anni. Era il 1994 e avevo da poco iniziato a studiare composizione. Ricordo che, per l’emozione, gli feci la domanda più scontata e banale del mondo: «Che cosa devo fare per diventare un buon compositore?» Lui, dall’alto dei suoi 90 anni, con la signorilità che lo contraddistingueva, mi rispose: «Studia alla perfezione la tecnica compositiva classica, il contrappunto, l’armonia, e così sarai libero di scrivere qualsiasi cosa». Il suo insegnamento rimane per me fondamentale, anche perché mi rendo conto di quanto lui lo avesse messo in pratica nella sua musica. Ho sempre ammirato il percorso compositivo di Petrassi: un artista che non si è mai fermato, ma che è andato sempre alla ricerca del nuovo.
14 gennaio 2011