Chi ha nascosto gli apocrifi?
di Andrea Lonardo
Chi ha nascosto gli apocrifi? Se è vero che la parola apocrifo (derivante dalla radice greca krupto, nascondo, da cui anche i termini cripta e criptico) vuol dire appunto nascosto, del tutto falsa è invece l’insinuazione che la Chiesa si sia resa colpevole di un occultamento di tali testi.
La parola apocrifo – si può tradurre anche con segreto – viene utilizzata piuttosto in apertura di questi stessi testi per cercare di nasconderne la distanza cronologica dai testi canonici del Nuovo Testamento.
«Sono queste le parole segrete che Gesù, il vivente, ha proferito e Didimo Giuda Tommaso ha messo in iscritto»: così comincia il Vangelo copto di Tommaso, probabilmente il più antico degli apocrifi, databile intorno al 150 d.C., composto quindi un cinquantennio dopo il completamento della scrittura dei testi neotestamentari e distante ben cento anni dal primo scritto accertato dell’epistolario paolino, la prima lettera ai Tessalonicesi, che risale agli anni 50/52.
Gli fa eco il Vangelo apocrifo di Giuda, recentemente lanciato sul mercato con una operazione mass-mediale di ampie proporzioni, che così recita: «Spiegazione segreta della rivelazione che Gesù rese conversando con Giuda per una settimana, tre giorni prima di celebrare la Pasqua», ma troviamo espressioni analoghe nel Vangelo dell’atleta Tommaso – «Sono queste le parole segrete che il Salvatore ha detto a Giuda Tommaso e che io stesso, Matteo, ho messo per iscritto» – o ancora nell’Apocrifo di Giovanni che dice: «Questi misteri nascosti egli (il Salvatore) li rivelò in un silenzio (…) e li insegnò a Giovanni, il quale vi prestò attenzione».
L’insistenza su questi insegnamenti nascosti è già di per se stessa sospetta. Gli autori degli apocrifi vogliono lasciare intendere che sono stati essi stessi a nascondere questi testi, perché la Chiesa non potesse leggerli e conoscerli. Ma se non è stata la Chiesa a nasconderli è reale o fittizio questo nascondimento ad opera degli stessi autori? La ricerca storico-scientifica moderna non ha difficoltà a rispondere a questa domanda. Non c’è traccia, infatti, nel I secolo d.C. dei cosiddetti vangeli apocrifi; essi vengono redatti a partire dalla metà del II secolo e presuppongono tutti la conoscenza dei testi canonici, mentre nessun testo canonico ha come presupposto gli apocrifi. Non sono mai stati nascosti allora, semplicemente perché non esistevano ancora!
Perché allora negli apocrifi si sottolinea ripetutamente la presunta segretezza e nascondimento? Perché, insomma, questi testi cercano di accreditare l’esistenza di una tradizione segreta che un singolo apostolo avrebbe ricevuto nascostamente da Gesù, che avrebbe successivamente nascosto agli altri apostoli, che avrebbe rivelato nascostamente solo ad un piccolo gruppo di discepoli vincolandoli al silenzio, finché stranamente questa consegna del segreto sarebbe stata infranta ed i testi sarebbero stati resi pubblici?
La risposta è indubbia e condivisa da tutti gli studiosi della materia: l’invenzione del segreto è un genere letterario con il quale si cerca di presentare un testo composto tardivamente come se fosse invece molto antico, provando ad accreditarlo come pre-esistente agli altri vangeli conosciuti pubblicamente e noti a tutti.
Proseguendo lo stile di annuncio del Gesù reale – «Gesù rispose al sommo sacerdote: “Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto” (Gv18,20-21)» – gli apostoli e la chiesa hanno esposto se stessi pubblicamente, nonostante il rischio delle persecuzioni, non nascondendo niente di quel deposito della fede ricevuto in dono dal Signore.
Come avrebbero potuto, allora, dei nuovi testi che presentavano una lettura assolutamente difforme dalla storia del Gesù reale, essere considerati autentici? Lo stratagemma di una tradizione segreta servì a dar credito a questa nuova proposta. Solo per porgere un esempio, è possibile riferirsi al famoso ultimo versetto del Vangelo copto di Tommaso che recita testualmente: «Simon Pietro disse loro: “Maria deve andar via da noi! Perché le femmine non sono degne della vita”. Gesù disse: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli”».
Appare subito l’enorme difformità dai vangeli canonici e dal Gesù storico. La gnosi vede nella donna l’essere materiale, carnale, passionale per eccellenza, inadatto alla vera vita ed alla comunione con Dio; il Gesù di questo vangelo apocrifo non contesta l’affermazione di Pietro, ma anzi la incoraggia, poiché la vita divina è prerogativa dei soli maschi e di coloro che saranno resi simili a loro. L’unico modo per accreditare come vera e storica questa nuova versione di Gesù era quella di contrapporre all’unica tradizione che risaliva agli apostoli stessi ed al Gesù storico una tradizione nascosta: Gesù stesso e poi Tommaso e poi i discepoli di Tommaso, avrebbero finto dinanzi alle masse di apprezzare la donna, ma, in segreto, avrebbero predicato un disprezzo per la figura femminile. Questa tradizione esoterica sarebbe allora stata la vera intenzione del Signore.
Nel’iniziare questa rubrica In cammino con Gesù, non è difficile comprendere allora perché sia necessario rivolgersi ai vangeli canonici per accostarsi al Gesù reale ed al suo mistero.
5 febbraio 2008