La ricerca sul Gesù storico (II parte)
di Andrea Lonardo
Due diversi filoni di ricerca storica hanno contestato, in tempi recenti, l’attendibilità storica dei vangeli, il primo richiamandosi ai vangeli apocrifi, il secondo facendo riferimento al radicamento ebraico della figura di Gesù.
La prima corrente ha condotto i suoi studi a partire dalla scoperta di manoscritti di vangeli gnostici che erano già noti dalle fonti antiche, ma che è stato possibile leggere interamente a partire dal dicembre 1945 quando due fratelli di al-Qasr, l’antica Chenoboskion, in Egitto hanno portato fortunosamente alla luce la cosiddetta biblioteca di Nag Hammadi, cioè una giara contenente tredici codici che, a loro volta, contenevano cinquantadue diversi scritti gnosticizzanti. La recente pubblicazione del cosiddetto Vangelo di Giuda – un testo minore e decisamente meno importante di quelli di Nag Hammadi – ha dato un ulteriore contributo alla conoscenza dello gnosticismo del II e III secolo d.C.
Alcuni dei testi scoperti nel ’45, così come lo stesso Vangelo di Giuda, presentano un Gesù con tratti fortemente improntati allo gnosticismo. Lo gnosticismo antico fiorì tra il II ed il III secolo d.C. ed ebbe il suo maestro più grande in Valentino che insegnò, come del resto Marcione, in Roma, ma era diffuso nel contesto ellenistico di allora e venne successivamente esportato nel mondo copto – i testi copti di Nag Hammadi si rivelano tutti come traduzioni da originali greci.
Lo gnosticismo si caratterizzava, pur nella diversità delle sue posizioni, come un sistema dualistico che professava una discesa del divino nel mondo materiale ritenuto come negativo al fine di recuperare in esso quei frammenti di luce che si erano allontanati dall’unità originaria a motivo di un imprecisato peccato ed erano così stati imprigionati dalla materia e dal demiurgo che ne era responsabile.
I vangeli gnostici si caratterizzano così per una decisa accentuazione della componente divina del Cristo fino al punto di negarne la carne, l’umanità, le passioni, gli affetti.
È emblematica a questo proposito un’espressione che viene messa in bocca a Gesù proprio nel Vangelo di Giuda che, rivolgendosi al traditore, gli dice: «Ma tu [Giuda”> sarai maggiore tra loro. Poiché sacrificherai l’uomo che mi riveste» (Vangelo di Giuda 56 rr. 17-20). Il passo diviene chiaro proprio nel contesto mentale gnostico: Giuda è il discepolo prediletto perché tradendo Gesù lo consegna alla morte e, morendo, finalmente il Cristo potrà sfuggire alla schiavitù della carne per tornare ad essere puro spirito.
Il vangelo gnostico più antico è il cosiddetto Vangelo di Tommaso, che si presenta come una raccolta di detti, precisamente centoquattordici, di Gesù. La sua forma è, in qualche modo analoga a quella che si ipotizza abbia avuto la fonte Q, uno dei testi oggi perduti che gli evangelisti utilizzarono nella composizione dei sinottici e che doveva caratterizzarsi come una raccolta di frasi del Cristo senza contenere racconti di episodi della sua vita.
Ma anche questo testo si rivela, alla fin fine, come inutile alla ricostruzione del Gesù storico, proprio perché presenta un Gesù assolutamente disincarnato, secondo la prospettiva tipica dello gnosticismo.
In un recente saggio lo storico Giorgio Jossa ha scritto in proposito: «salvo rarissime eccezioni, la figura del Cristo gnostico non ha nulla a che fare col Gesù storico». E si può tranquillamente aggiungere che in tutti quei casi in cui ha a che fare con il Gesù della storia concorda pienamente con i vangeli canonici, anzi ne è debitore.
Evidentemente i vangeli gnostici, essendo tutti posteriori alla predicazione apostolica ed ai quattro vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni, ne riprendevano i motivi, rileggendoli nella nuova ottica che proponevano.
Per ulteriori approfondimenti sugli apocrifi gnostici e sul Vangelo di Tommaso in particolare, vedi su questo stesso sito l’articolo “Chi ha nascosto gli apocrifi?”, di Andrea Lonardo https://www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=3041
3 settembre 2010