Giovanni Paolo II, santo che «insegnò a non avere paura»

Il cardinale Ruini, che da vicario ne aprì la fase diocesana della causa di canonizzazione nel 2005, ricorda l’amore del Papa polacco per Roma: «La benediceva ogni sera» di Angelo Zema

«Un invito a prendere sul serio e con fiducia la chiamata alla santità»: è questo, per il cardinale Camillo Ruini, il senso più profondo della canonizzazione di Giovanni Paolo II. Una «gioia grande» per milioni di persone, certamente, ma anche per lui in particolare, come conferma nell’intervista concessa a Roma Sette. Fu lui, infatti, da vicario del Papa per la diocesi di Roma, ad aprire la fase diocesana della causa di canonizzazione di Papa Wojtyla il 28 giugno 2005, meno di tre mesi dopo la morte del Pontefice polacco.

Eminenza, quale significato ha la canonizzazione di Giovanni Paolo II per lei che per quasi quindici anni è stato uno dei suoi più stretti collaboratori e ha aperto la sua causa di canonizzazione? E quale significato riveste per la Chiesa?
Sono stato molto vicino a Giovanni Paolo II già a partire dal 1986, quando mi ha nominato segretario generale della Cei. La sua canonizzazione è per me una gioia grande, la conferma più autorevole di quello che avevo percepito ben presto standogli vicino, vedendolo pregare e operare. Per la Chiesa è uno sprone a «non avere paura», ad aprire a Cristo tutte le frontiere, come ha detto Giovanni Paolo II nella sua prima grande omelia. A impegnarsi quindi nella nuova evangelizzazione. E per tutti noi è un invito a prendere sul serio e con fiducia la chiamata alla santità.

Lei ha spesso ricordato Giovanni Paolo II come uomo di preghiera. Cosa la colpiva in particolare di questa dimensione della sua personalità?
Mi colpiva l’intensità della sua preghiera: si immergeva totalmente in essa e così si isolava da tutto. Ma la sua preghiera diventava vita: Giovanni Paolo II pregava anche nell’agire, la preghiera alimentava l’azione e si traduceva in azione. La preghiera gli dava una serenità totale e una grande fiducia: per questo non l’ho mai visto impaurito.

Con Roma e con i romani Giovanni Paolo II ha avuto un rapporto molto stretto. Quale idea della città aveva e quale riflessione ha maturato, nel corso del suo pontificato, attraverso le tante visite compiute a parrocchie, luoghi della povertà, della sofferenza e della cultura?
Giovanni Paolo II era profondamente consapevole di essere Papa perché vescovo di Roma. Aveva un’idea grande di Roma, come credente, come polacco, come persona dotata di un profondo senso della storia. Un’idea dunque assai più grande di quella che hanno di solito i romani della loro città. Nel suo pontificato ha amato intensamente Roma tanto che la benediceva ogni sera e si è speso per lei, fino alla fine, soffrendo di non poter più fare quello che avrebbe desiderato, ma rimanendo sempre consapevole della forza salvifica della sofferenza.

Se dovesse ricordare Giovanni Paolo II con una frase o con un’immagine, quale indicherebbe?
Quella iniziale, quando, appena eletto, si è affacciato su piazza San Pietro e ha appoggiato le mani sul balcone con profonda naturalezza, dicendo di essere un Papa venuto da lontano ma anche da una nazione a Roma tanto vicina.

Ieri mattina Papa Francesco ha proclamato santi il Papa che ha indetto e aperto il Concilio Vaticano II e il Papa che ne ha promosso la recezione con grande forza. Questo evento può rilanciare anche il messaggio del Concilio?
Certamente. Giovanni XXIII è il Papa che ha preso la decisione, inattesa e ispirata, di celebrare questo Concilio. Giovanni Paolo II ha inteso tutto il suo pontificato, e già prima il suo episcopato a Cracovia, come attuazione del Vaticano II. È un’opera che deve continuare e per la quale Papa Francesco si sta spendendo.

Mi pare di poter intravedere un tema comune non solo a questi due papi santi ma anche a Francesco: la misericordia. È un messaggio che può parlare più direttamente al cuore dell’uomo di oggi?
Sono d’accordo. Giovanni XXIII è celebre per la sua tenerezza – ricordiamo le sue parole: «Portate una mia carezza ai vostri bambini» – oltre che per la distinzione tra l’errore e l’errante, che è sempre una persona da amare. Giovanni Paolo II è il Papa dell’enciclica Dives in misericordia ed ha compiuto la canonizzazione di suor Faustina, la santa del Gesù misericordioso. Papa Francesco insiste sempre sul fatto fondamentale che Dio non si stanca di perdonarci, anche se noi spesso ci stanchiamo di chiedere perdono.

28 aprile 2014

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