Gli oli benedetti dal Papa ai sacerdoti dell’Aquila
Il gesto di comunione con il clero abruzzese annunciato da Benedetto XVI al termine della Messa crismale, nella basilica vaticana Giovedì santo di Giulia Rocchi
Oli crismali per l’arcidiocesi dell’Aquila. Perché nella cattedrale distrutta dal terremoto non è possibile celebrare l’Eucaristia. E mentre si scava sotto le macerie e si piangono le vittime del sisma, non è possibile celebrare riti della Settimana santa. La Chiesa di Roma si stringe alla Chiesa sorella dell’Abruzzo: gli oli santi benedetti dal Papa durante la Messa di ieri, giovedì mattina, in San Pietro, vengono donati ai sacerdoti aquilani, che li utilizzeranno durante le celebrazioni dei sacramenti. «Possano questi santi oli – auspica Benedetto XVI – accompagnare il tempo della rinascita e della ricostruzione, sanando le ferite e sostenendo la speranza».
L’olio dei catecumeni, l’olio degli infermi e il sacro crisma sfilano, all’interno di urne d’argento, nella navata centrale della basilica vaticana. L’olio dei catecumeni è accompagnato da giovani che, durante la veglia di Pasqua, riceveranno il sacramento del Battesimo; l’olio degli infermi arriva scortato da alcuni ammalati; mentre l’olio misto a profumo per il santo crisma è affidato ai candidati al sacramento della Confermazione e ad alcuni diaconi che saranno ordinati presbiteri. La benedizione è il momento centrale della liturgia, presieduta da Benedetto XVI e concelebrata con i cardinali, i vescovi e i presbiteri, sia diocesani che religiosi, presenti a Roma. Lo stesso rito si ripete, contemporaneamente, nelle altre cattedrali del mondo. E ovunque è accompagnato dal rinnovo delle promesse sacerdotali.
«Il sacerdozio – osserva il Santo Padre nell’omelia – consiste nell’essere tolto dal mondo e donato a Dio». Implica «uscire dai contesti della vita mondana», ma non equivale a «segregazione». Vuol dire, piuttosto, prosegue Benedetto XVI, diventare «disponibile per gli altri, per tutti». Essere sacerdote «suppone la rinuncia»: «comporta che non vogliamo imporre la nostra strada e la nostra volontà, ma ci abbandoniamo a Lui». E, ancora, presuppone di «accettare il carattere esigente della verità; contrapporsi alla menzogna».
Benedetto XVI regala, infine, un ricordo personale. «Alla vigilia della mia ordinazione, 58 anni fa – racconta – ho aperto la Sacra Scrittura, perché volevo ricevere ancora una parola del Signore per quel giorno e per il mio futuro cammino da sacerdote». Lo sguardo del giovane Ratzinger cadde, allora, sul passaggio al centro della celebrazione di giovedì: «Consacrali nella verità, la tua parola è verità». «Allora seppi – conclude -: il Signore sta parlando di me».
10 aprile 2009