In scena al Quirino le “Bugie” di De Filippo

Luca, figlio di Edoardo, porta in scena la commedia scritta nel 1946, e veste i panni del protagonista Libro Incoronato di Toni Colotta

Che le bugie hanno le gambe corte si dice (o si diceva, forse) ai bambini per avvertirli che esse non arrivano lontano e presto si rivelano per quello che sono: menzogne, appunto. Ma Eduardo De Filippo nel 1946 volle dare forma teatrale ad altre bugie, che invece corrono, arrivano lontano, anzi invadono addirittura la società fino a diventare stile di vita. E nacque la commedia “Le bugie con le gambe lunghe”, che si rappresenta al Quirino-Vittorio Gassman (fino a domenica 5 dicembre) nell’interpretazione del figlio Luca come regista e attore nel personaggio principale, Libero Incoronato. Che era nella drammaturgia di Eduardo un protagonista anomalo, al tempo in cui la commedia fu scritta – dopo il trionfo di “Filumena Marturano” e prima de “Le voci di dentro” – anche se ne riecheggiava le tematiche di fondo.

E sono queste a rendere ora consona al nostro tempo la riproposta de “Le bugie con le gambe lunghe” da parte del De Filippo junior. Quando ebbe il suo debutto sulla scena, nel 1948 proprio a Roma, con Eduardo in persona, tirava aria di disillusione dopo le grandi speranze a guerra finita. Preoccupavano i segni di una corruzione mentale che portava a truffare il prossimo ricorrendo all’ipocrisia e all’egoismo asociale, ammantati di una falsa rispettabilità.

Libero, il protagonista, sbarca il lunario come consulente filatelico; conduce una vita grama, onesto ma ingenuo. Nel caseggiato in cui vive viene trascinato nei maneggi di quanti «recitano» i loro sentimenti perbenisti. E scopre questo spaccato di menzogne, le rinfaccia, diventa voce della coscienza, ma non può trattenersi dallo scivolare nell’assuefazione alle bugie, anzi dall’inventarle lui stesso. Tanto sono le bugie a dare un’identità. In compenso Libero sposerà la donna che ama, anche se non «rispettabile».

Personaggio anomalo, dicevamo, cammina sul crinale di un moralismo non immune da contraddizioni. Eduardo sul palcoscenico poteva riscattare tutto questo col suo carisma fatto di gesti asciugati, misuratamente perfetti. Luca ha grande merito, oltre che arte raffinata di suo, nel recuperare anche questo copione un po’ emarginato nell’opera del grande papà autore-attore. Che peraltro ha potuto già godere negli anni Novanta di una riconsiderazione preziosa ad opera di Giancarlo Sepe, regista della indimenticata coppia formata dal compianto Aroldo Tieri e dalla moglie Giuliana Lojodice. Allora come oggi, al di là delle riserve, questo grottesco sui bugiardi convalida quanto lo stesso Eduardo De Filippo diceva delle sue creazioni: «Le mie commedie sono sempre tragedie, anche quando fanno ridere».

22 ottobre 2010

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