La Berardi Jazz Connection

Il duo, Francesco Lomagistro ed Ettore Carucci, ha già conquistato New York e Tokyo, e venerdì sarà al Micca e sabato al Dune di Concita De Simone

Si dice Berardi Jazz Connection (www.berardijazzconnection.com), si legge Francesco Lomagistro alla batteria ed Ettore Carucci al piano e al Fender Rhodes e si sentono un jazz moderno di grande impatto e i sapori della Puglia. Arriva a Roma per due concerti, venerdì 15 al Micca Club e sabato 16 Febbraio al Dune Club, il duo che ha già conquistato New York e Tokyo, pur essendo ancora pressoché sconosciuti in Italia.

La loro musica si potrebbe sbrigativamente definire nu-jazz. Ma ci sono troppi riferimenti agli standard e ai compositori e gli stili “classici” per essere tale. E’ l’emblema del sapiente mix di sonorità funky, jazz, elettronica, dance, ecc. condito con la tipica improvvisazione del caso.
Grande il successo internazionale ottenuto dal loro primo cd “The Way I Like” (2006), programmato per oltre sei mesi in America dalla radio newyorchese “CD 101.9 Smooth Jazz”, nella trasmissione ‘Groove Boutique’ condotta dal noto Dj Rafe Gomez, entrato nelle classifiche dei dischi nu-jazz in Giappone e tutt’ora programmato da diverse emittenti europee (Olanda, Grecia, Germania, Inghilterra, etc.). Il duo pugliese arriva ora al secondo lavoro “Do It!”, prodotto da Antibemusic. Dal 23 Gennaio il disco è ufficialmente distribuito in Giappone dalla P-Vine records ed è già al secondo posto in classifica nel Paese del Sol Levante.

Leggendo la biografia della Berardi Jazz Connection, si ha come un deja vu: l’essere italiani consacrati prima all’estero che nel proprio Paese, era già successo. Soprattutto nel jazz. Basti pensare alla vecchia classe dei jazzisti nostrani, dal trombettista Enrico Rava al sassofonista Stefano di Battista al pianista Danilo Rea, tutti affermatisi dapprima in Francia, quando qui da noi il jazz era ancora solo per gli snob.

Successo anche a Cesare Picco, pianista che spazia indifferentemente dal jazz alla classica, che nel 2006 era più noto in Giappone che in Italia e una nota emittente radiofonica di Tokyo, aveva trasmesso la registrazione di un suo concerto al Blu Note della capitale, facendolo ascoltare a 32 milioni di ascoltatori in tutto il Sollevante.

Anche nel pop si è registrato questo fenomeno. L’ultimo caso eclatante è stato quello di Piero Mazzocchetti, tenore pescarese che arrivò terzo al Festival di Sanremo del 2007 nella categoria Big, toccatagli di diritto, pur essendo sconosciuto da noi, per il suo grande successo in Germania. Ma, nel 2001, aveva già debuttato a Sanremo un giovane che poi conquisterà soprattutto il pubblico dei teen ager, Paolo Meneguzzi, che già nel 1996, ancora sconosciuto in Italia, aveva vinto il Festival di Viña del Mar in Cile, ovvero la manifestazione canora più importante del Paese sudamericano.

La Berardi Jazz Connection non è dunque un caso isolato. Ma cosa ne pensano i diretti interessati? Lo abbiamo chiesto a Francesco Lomagistro, batterista e anima del duo.

Come e perché siete arrivati dalla Puglia a New York e in Giappone? Non lo so neanche io. Il primo disco è stato distribuito subito lì e dopo pochi mesi eravamo già programmato in questa radio CD 101.9 Smooth Jazz. Quando siamo andati a suonare lì, ci siamo resi conto che quella radio era molto prestigiosa. In Giappone, un’etichetta del posto che distribuisce le cose europee ha voluto subitola licenza. Il nostro è stato un successo sia a livello di consensi di critica che di vendita. Siamo andati all’esterop3rechè qui da noi, per quanto il jazz sia ormai sempre più diffuso, c’è ancor un problema culturale. I grossi network mandano sempre la stessa musica. Al massimo la sperimentazione si fa nelle ore notturne, quando c’è meno gente che ascolta. A New York ci sono ben tre radio nazionali che fanno jazz 24 ore su 24. Adesso grazie a internet, in particolare a “myspace” è possibile diffondere autonomamente la musica. E sul nostro spazio (www.myspace.com/berardijazzconnection) ci inviano apprezzamenti anche tanti giovani.

All’estero come vi accolgono quando sanno che siete italiani?
L’Italyan style funziona sempre. C’è un orecchio molto attento verso gli italiani. Non ci sono pregiudizi, anzi c’è molto interesse perché sanno che la nostra tradizione musicale è molto antica.

La critica definisce la vostra musica nu-jazz. E voi? Non ci piace etichettarci. Non facciamo musica prettamente jazz, e non è “nu” perché non usiamo molto l’elettronica, ma suoniamo alla vecchia maniera, registrando tutto in studio e improvvisando come si fa nel jazz. Eseguiamo armonie jazz su ritmiche più moderne, tra groove metropolitano e odori latini. Ma questo accadeva già negli anni 70, quando hanno cominciato a sperimentare la fusione tra bossa nova e funk. I Berardi portano nei dischi tutto il loro background, quello che sono, che ascoltano, che gli piace.

15 febbraio 2008

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