La Chiesa «accanto ai giovani»
Le nuove generazioni e le famiglie sono le priorità pastorali: lo sottolinea in questa intervista il cardinale vicario Agostino Vallini. L’invito a rafforzare l’impegno verso quanti vivono nel disagio di Angelo Zema
Puntare su famiglia e giovani, vere priorità pastorali, rilanciare l’impegno per l’educazione – di fronte ai gravi segni di disagio che emergono nella nostra città – e sviluppare la pastorale battesimale per accompagnare le famiglie con i bambini piccoli in un cammino di crescita umana e spirituale. Sono i grandi temi che il cardinale vicario Agostino Vallini sottolinea nell’intervista concessa a Roma Sette in occasione della festa della dedicazione della basilica Lateranense, celebrata sabato 9 novembre. (FOTO)
Eminenza, la festa della dedicazione della basilica Lateranense invita a riflettere sul valore della cattedrale, attorno alla quale per mille anni è gravitata la storia di Roma cristiana, e della nostra Chiesa locale che cammina accanto alla città. Come valuta l’impegno della comunità ecclesiale oggi, proprio mentre è in atto la riflessione sulla responsabilità dei battezzati nell’annuncio del Vangelo?
La Chiesa di Roma è una Chiesa viva e vivace, con tante potenzialità. Molti cristiani si impegnano a testimoniare e ad annunciare il Vangelo in varie forme ed espressioni, anche attraverso meravigliose attività caritative e di promozione della cultura cristiana. Nelle visite pastorali costato con gioia l’impegno delle parrocchie, la generosità dei sacerdoti e dei laici, che cercano nuove vie per trasmettere la fede. Non mancano certo le difficoltà: molti battezzati frequentano poco la comunità ecclesiale, la fede ha bisogno di essere meglio conosciuta e motivata, le forme di incoerenza sono sempre in agguato. Per questo dobbiamo far crescere il senso di appartenenza alla Chiesa, da cui scaturisce la testimonianza innanzitutto nei luoghi in cui si vive, in famiglia e negli ambienti di lavoro. Il Consiglio dei parroci prefetti e il Consiglio pastorale diocesano sono, in questo senso, un grande aiuto per trovare le modalità pastorali più idonee a sviluppare la responsabilità dei battezzati.
L’Anno della fede sta volgendo al termine: Roma in questi mesi è stata invasa pacificamente da milioni di pellegrini. Quale eredità rimane alla città?
Le diverse celebrazioni dell’Anno della fede hanno permesso di vedere quanto la fede sia vissuta, celebrata e testimoniata da milioni di persone in tutto il mondo. La presenza di pellegrini provenienti dai vari continenti ha messo in evidenza l’universalità del messaggio cristiano, che non conosce barriere di cultura, razza e lingua e parla al cuore, particolarmente a quello dei giovani. Per fare solo qualche esempio: la Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro e il pellegrinaggio dei seminaristi, novizi, novizie e dei giovani in ricerca vocazionale. La presenza di Papa Francesco, con la sua avvincente testimonianza, ha confermato e incoraggiato tutti. Anche noi, che abbiamo la fortuna di vivere a Roma, ci siamo arricchiti da tanto fervore, confermandoci nella certezza che la fede è davvero la grande luce della vita.
Sono ancora vive nella mente e nel cuore di tutti i partecipanti le parole di Papa Francesco al Convegno diocesano: «Uscire dalle nostre comunità, per andare lì dove gli uomini e le donne vivono, lavorano e soffrono e annunciare loro la misericordia del Padre». Ma quali sono le urgenze pastorali da affrontare?
Credo che la famiglia e i giovani siano le principali priorità, a cui aggiungerei l’impegno di essere vicini e solidali a quanti, soprattutto in questo momento di grave crisi economica, vivono in condizioni di grave disagio o addirittura povertà. Il Vangelo della famiglia, la bellezza del matrimonio cristiano, l’irrevocabilità del reciproco dono coniugale, insito nell’amore vero, sono la proposta pastorale che dobbiamo riproporre con rinnovata convinzione. Quando la famiglia vive la sua vocazione, i figli crescono sereni, scoprono la gioia di vivere e assimilano i valori che rendono la vita bella. I recenti e tragici episodi avvenuti nella nostra città riguardanti giovani e adolescenti, che tanto ci hanno turbato, pongono a tutti noi una domanda: la comunità ecclesiale si impegna a sostenere le famiglie nel loro compito educativo e ad aiutare i figli ad affrontare anche le asprezze della vita?
Papa Francesco non manca di ribadire l’insegnamento della Chiesa sulla famiglia e sulla vita. Quale impegno chiede il vicario del Papa alla comunità ecclesiale per sostenere le famiglie, soprattutto quelle in crisi ?
Sono ormai due anni che la diocesi lavora per sviluppare una vera pastorale battesimale, non solo nella preparazione al sacramento ma particolarmente nell’accompagnamento dei genitori dopo il battesimo dei bambini, sostenendoli nel loro cammino di fede: se i genitori vivono da cristiani la solidità della loro unione e l’educazione alla fede dei figli sono assicurate. Dobbiamo incoraggiare nelle parrocchie la conoscenza e l’amicizia fra i genitori dei bambini che vengono battezzati, i loro percorsi di crescita umana e spirituale, così che pian piano condividano successi e difficoltà, anche nell’educazione cristiana dei figli. È un sostegno reciproco importante che, alla luce della Parola di Dio letta e meditata insieme, diventa un valido aiuto per superare gli ostacoli. So bene che si tratta di una pastorale nuova, che ha bisogno di tempo e di perseveranza per affermarsi, per la quale sono necessari tanti catechisti, soprattutto coppie di genitori, da preparare, incoraggiare e sostenere. Tutto ciò non è facile, ma non dobbiamo desistere: è la via giusta per il futuro della Chiesa. Le giovani famiglie sono l’avvenire della Chiesa. Detto ciò, abbiamo anche il dovere di fare fronte, per quanto è possibile, ai bisogni di tante famiglie in cui la mancanza di lavoro non permette di soddisfare le necessità quotidiane: la testimonianza della carità rimane sempre il criterio di verifica per l’autenticità della fede che viviamo. Un tema, poi, che mi è particolarmente caro è quello del sostegno alla vita nascente. I dati sembrano mostrare una nuova crescita degli aborti: aiutare, anche economicamente, le donne che, scoraggiate e sole, sono tentate di interrompere la gravidanza, deve essere per tutti un imperativo.
L’educazione resta sempre un ambito centrale nella pastorale diocesana. I vescovi italiani hanno invitato a «educare alla vita buona del Vangelo», e tanti segni di disagio giovanile mostrano quanto sia essenziale questo compito verso le nuove generazioni. Solo per fare due esempi recenti a Roma, pensiamo al giovane omosessuale che si suicida e alle adolescenti che si prostituiscono per shopping e droga. Come educare alla «vita buona» entrando nelle pieghe di queste che, con Papa Francesco, potremmo definire «periferie esistenziali»?
La periferia esistenziale del mondo giovanile richiede innanzitutto educatori che sappiano entrare in questo universo, così complesso ma anche tanto ricco. Ritengo che sia fondamentale innanzitutto prendersi cura dei giovani e ascoltarli. Un ascolto attento, cordiale, che faccia percepire anche ciò che non esprimono verbalmente, leggendo nelle pieghe nascoste del cuore, e trasmettere loro l’amore. Allora i giovani si aprono, chiedono di conoscere Gesù e il Vangelo. Il tutto naturalmente deve essere accompagnato da una credibile testimonianza di vita. Si può essere maestri di vita – diceva Paolo VI – soltanto nella misura in cui si è testimoni. Non è poi secondario aiutare i giovani a vivere esperienze concrete di servizio, per esempio nel volontariato: la generosità che i giovani portano nel cuore può essere indirizzata all’aiuto di quanti vivono in condizioni di emarginazione e di povertà. È una preziosa via educativa per favorire la scoperta del senso della vita nel dono di sé agli altri. Certo, ci addolora che tanti giovani non frequentano più le nostre comunità: dobbiamo interrogarci, perché? È un ambito importante della pastorale su cui riflettere. Mi piace vedere però anche i segni di speranza, come gli oratori e i gruppi giovanili che educano alla vita buona del Vangelo, nei quali i ragazzi e le ragazze intraprendono percorsi di discernimento vocazionale, che aprono a belle vocazioni matrimoniali o si concludono con l’ingresso in Seminario, negli istituti religiosi oppure nei monasteri di vita contemplativa.
11 novembre 2013