L’attenzione e il controllo delle nostre azioni
Si tratta di una delle funzioni più complesse del cervello, che però è soggetta a deficit. Che succede quando non vediamo un segnale di divieto di sosta o lasciamo le chiavi in dispensa con la spesa? di Angela Dassisti
L’attenzione è una delle funzioni cognitive superiori e svolge un ruolo importante e determinante nella nostra quotidianità. Se riflettiamo sulle azioni che svolgiamo normalmente possiamo renderci conto di quanto sia importante mantenere uno schema preciso, veloce ed accurato. Al mattino, uscendo di casa, ci accertiamo ad esempio, di indossare calzini dello stesso colore o lo stesso paia di scarpe, controllando la nostra attività mentre la eseguiamo. Riusciamo anche a svolgere più cose insieme e per lungo tempo, come guidare e seguire una trasmissione radiofonica, avere una conversazione con un passeggero o ripassare i punti da toccare per la riunione con il capo, mentre seguiamo la strada indicata dal navigatore.
In ogni attività, infatti, ciascuno di noi svolge una sequenza di azioni quasi senza rendersene conto, monitorando costantemente il proprio comportamento in modo automatico. L’attenzione svolge proprio questo ruolo di controllore del nostro operato e ci permette di effettuare numerosi lavori nel corso della giornata.
L’attenzione pertanto è una funzione del nostro cervello che ci permette di stare in allerta (arousal), di focalizzarci su un’attività prevalente (attenzione selettiva), di concentrarci su un compito per molto tempo (attenzione sostenuta) e di spostare il focus “attentivo” fra più attività simultanee (attenzione divisa). Dal momento che è una funzione così complessa, tuttavia, essa non utilizza una sola parte del cervello ma, come la memoria, funziona su più livelli e coinvolge diverse strutture cerebrali contemporaneamente, dai lobi frontali alla zona pre-frontale, parte del talamo e del sistema limbico.
Il sistema tuttavia non è infallibile: sarà capitato infatti di fare errori quali non vedere un segnale di divieto di sosta o di lasciare le chiavi in dispensa con la spesa, invece che rimetterle in borsa. Cosa succede in quei casi? Il sistema supervisore “attentivo” probabilmente non ha più risorse; spesso capita nel momento in cui abbiamo avuto una giornata straordinariamente pesante, durante la quale abbiamo forse avuto bisogno di tutte le nostre forze, tanto da non averne più abbastanza. Cali della concentrazione si verificano non solo in seguito a stanchezza, poiché il nostro sistema ha dato fondo a tutte le risorse disponibili, ma anche in seguito a scarso interesse, proprio come quando si legge qualcosa senza capire nulla, poiché pensiamo ad altro. Ad esempio: durante una conversazione con il vicino di casa che ci trattiene parlando di un problema futile del palazzo mentre siamo in ritardo per un appuntamento, faremo molta fatica ad ascoltarlo e per questo a ricordare i punti salienti, dal momento che avremo scarso interesse per ciò che dice.
Il buon funzionamento dell’attenzione, pertanto, dipende dalla capacità del sistema di inibire informazioni inutili e di rivolgere selettivamente il focus su ciò che riteniamo rilevante, nonostante attiri poco il nostro interesse, quantunque risulti noioso, come potrebbe essere una lezione di fisica quantistica per una casalinga alle 10 della sera. Anche i farmaci, alterando il rilascio di alcuni neurotrasmettitori, possono influire sui livelli di attenzione e rendere difficile il costante controllo del sistema supervisore attentivo. Ci sono inoltre molte patologie cognitive nelle quali si riscontra la presenza di difficoltà attentive, quali il disturbo da deficit di attenzione ed iperattivitá, alcune sindromi genetiche, patologie dei lobi frontali, la demenza ed i disturbi generalizzati dello sviluppo, per le quali si rimanda agli articoli precedenti di questa rubrica.
20 febbraio 2014