Drammaturgia siciliana al Manzoni

Sul palco di via Monte Zebio “L’aria del continente” di Nino Martoglio. Scritta con la collaborazione di Luigi Pirandello e rappresentata per la prima volta nel 1910, l’esilarante e malinconica commedia sarà in scena in scena fino al 20 febbraio con la regia di Antonello Catodici di Toni Colotta

C’è una storia del teatro italiano che scorre parallela a quella delle opere “in lingua”, l’idioma nazionale diffusosi dopo l’Unità: parliamo del teatro in dialetto (locuzione più appropriata di “dialettale” che a volte assume un senso dispregiativo, rasente al “dilettantistico”). Quasi non c’è regione nostra che non abbia il suo. A prescindere dalle “vette” Goldoni o De Filippo che travalicano il localismo e volano alto, Campania e Sicilia hanno prodotto in dialetto risultati artistici di tutto rispetto.

E ora il Manzoni di via Monte Zebio ci dà la possibilità rara di conoscere da vicino una delle espressioni migliori della drammaturgia siciliana con “L’aria del continente” di Nino Martoglio. Il clima in cui si mosse quest’autore all’inizio del Novecento era di un grande rigoglio di teatro-verità, non legato ai Pupi. Fra i nomi che dominavano Giovanni Grasso e appunto Martoglio, deciso a riformare la scena siciliana. Ma egli si misurava come attore e regista anche con scrittori di punta: Verga, De Roberto e Luigi Pirandello col quale ebbe stretti rapporti. Con la sua collaborazione scrisse e rappresentò nel 1910 “L’aria del continente” .

Il Martoglio puntava soprattutto a far ridere i siciliani di loro stessi, mordendo con delicatezza l’orgoglio isolano. Nella commedia al Manzoni è il protagonista Cola Dusco a riderne mentre si trova a Roma, nel continente, per operarsi di appendicite. Nella Capitale ha allacciato una relazione con la sciantosa Milla, che vuol seguirlo nel suo ritorno all’isola. La situazione laggiù si fa subito complicata, come prevedeva Don Cola: scandalizza il suo costume di vita spregiudicato acquisito lassù, e nel contempo i modi un po’ “scollacciati” di lei sollecitano gli istinti bassi dei parenti maschi. Basta poco per accorgersi che la sicilianità tradizionale, per quanto influenzata nell’abito dall’aria del continente, resiste nello stesso Cola. Cambierà?

A parte interrogativi esistenziali, sono i dettagli scenici a dar senso allo spettacolo. E qui si è dinanzi a un collettivo di interpreti siculo-doc (che attenuano il rigore del dialetto) guidati dal regista Antonello Catodici in una sorta di balletto della comicità gestuale e verbale in cui Patrizia Pellegrino ed Enrico Guarneri primeggiano quali piccante saggia soubrette e “continentale” in crisi di valori, esilarante con un fondo di malinconia. Successo vivissimo, repliche fino al 20.

7 febbraio 2011

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