Francesco ai salesiani: «Evangelizzate i giovani»
Il Pontefice ha ricevuto il neo eletto rettor maggiore don Angel Fernàndez Artime e il nuovo Consiglio generale. I giovani tra le priorità: «Usare discernimento e amorevolezza» di R. S.
«L’evangelizzazione dei giovani è la missione che lo Spirito Santo vi ha affidato nella Chiesa. Essa è strettamente congiunta con la loro educazione: il cammino di fede si innesta in quello di crescita e il Vangelo arricchisce la maturazione umana». Lo ha detto oggi, 31 marzo, Papa Francesco ricevendo il neo-eletto rettor maggiore dei Salesiani, don Angel Fernàndez Artime, e il nuovo Consiglio generale. Per il Pontefice, «occorre preparare i giovani a lavorare nella società secondo lo spirito del Vangelo, come operatori di giustizia e di pace, e a vivere da protagonisti nella Chiesa».
Per questo, ha aggiunto, «voi vi avvalete dei necessari approfondimenti e aggiornamenti pedagogici e culturali, per rispondere all’attuale emergenza educativa. L’esperienza di Don Bosco e il suo “sistema preventivo” vi sostengano sempre nell’impegno a vivere con i giovani. La presenza in mezzo a loro si distingua per quella tenerezza che Don Bosco ha chiamato amorevolezza, sperimentando anche nuovi linguaggi, ma ben sapendo che quello del cuore è il linguaggio fondamentale per avvicinarsi e diventare loro amici».
Fondamentale, secondo il Papa, «è la dimensione vocazionale». «A volte – ha precisato – la vocazione alla vita consacrata viene confusa con una scelta di volontariato, e questa visione distorta non fa bene agli Istituti. Il prossimo anno 2015, dedicato alla vita consacrata, sarà un’occasione favorevole per presentare ai giovani la sua bellezza». «Bisogna evitare in ogni caso – ha chiarito Francesco ricevendo il neo-eletto rettor maggiore dei Salesiani, don Angel Fernàndez Artime, e il nuovo Consiglio generale – visioni parziali, per non suscitare risposte vocazionali fragili e sorrette da motivazioni deboli. Le vocazioni apostoliche sono ordinariamente frutto di una buona pastorale giovanile».
In realtà, «la cura delle vocazioni richiede attenzioni specifiche: anzitutto la preghiera, poi attività proprie, percorsi personalizzati, il coraggio della proposta, l’accompagnamento, il coinvolgimento delle famiglie. La geografia vocazionale è cambiata e sta cambiando, e questo significa nuove esigenze per la formazione, l’accompagnamento e il discernimento». Lavorando con i giovani, ha quindi osservato il Papa, «voi incontrate il mondo della esclusione giovanile. Pensiamo alla vasta realtà della disoccupazione, con tante conseguenze negative. Pensiamo alle dipendenze, che purtroppo sono molteplici, ma derivano dalla comune radice di una mancanza di amore vero».
«Andare incontro ai giovani emarginati – ha spiegato il Papa – richiede coraggio, maturità umana e molta preghiera. Ci può essere il rischio di lasciarsi prendere dall’entusiasmo, inviando su tali frontiere persone di buona volontà, ma non adatte. Perciò è necessario un attento discernimento e un costante accompagnamento». «Grazie a Dio – ha proseguito – voi non vivete e non lavorate come individui isolati, ma come comunità. La comunità sostiene tutto l’apostolato». A volte «le comunità religiose sono attraversate da tensioni, con il rischio dell’individualismo e della dispersione, mentre c’è bisogno di comunicazione profonda e di relazioni autentiche». La forza «umanizzante» del Vangelo è testimoniata «dalla fraternità vissuta in comunità, fatta di accoglienza, rispetto, aiuto reciproco, comprensione, cortesia, perdono e gioia. Lo spirito di famiglia che Don Bosco vi ha lasciato aiuta molto in questo senso, favorisce la perseveranza e crea attrattiva per la vita consacrata».
31 marzo 2014