Gioco d’azzardo, 1 romano su 100 depresso per debiti
La denuncia del Centro italiano di solidarietà di don Mario Picchi, impegnato nel progetto “Rien ne va plus”, al centro di recupero San Carlo: 140 su mille tentato il suicidio di F. Cif.
Sono dati inquietanti quelli che emergono dall’indagine realizzata dal Centro italiano di solidarietà di don Mario Picchi (Ceis) sul tema delle dipendenze dal gioco nella Capitale. Dati raccolti dal 2011 fino al mese di aprile 2013, grazie all’attività svolta dal Ceis in tutta la città e nel centro di recupero di San Carlo con il progetto “Rien ne va plus”, che ha visto coinvolte persone in condizioni particolarmente difficili e delicate. E i numeri parlano chiaro: un romano su 100 è depresso per i debiti derivanti dal gioco d’azzardo, mentre 140 su mille tentano il suicido per la disperazione.
Gli utenti che si sono rivolti alla struttura del Ceis sono arrivati per la maggior parte da diversi quartieri della Capitale, ma anche dai Castelli romani (1/3). Età media: 45 anni, con casi limite di under 25 e over 75; per lo più uomini, in maggioranza sposati e con figli. Se è vero però che la proporzione tra uomi e donne è stata di 3 a 1, è anche vero, spiegano dall’associazione, che molte donne si sono rivolte al servizio ma hanno abbandonato in fretta il percorso. In crescita anche il numero di richieste d’aiuto provenienti da cittadini dell’Europa dell’Est (rumeni, moldavi, ucraini).
Significativi anche i “numeri” relativi all’occupazione: non si registra, tra gli utenti Ceis, nessun disoccupato, ma solo pensionati, impiegati e lavoratori autonomi, in proporzioni assolutamente paritarie. Il livello medio di istruzione è la media superiore. La fascia di reddito oscilla tra i 10mila e i 25mila euro annui. In base alle interviste realizzate, il gioco che da più dipendenza è la slot machine. L’attività di promozione e prevenzione è stata diffusa soprattutto nei Pronto Soccorso degli ospedali romani, dove molti utenti avevano avuto dei ricoveri per tentati suicidi. A questo occorre abbinare anche un diffuso stato di depressione.
«Da sempre – spiega il presidente del Ceis Don Picchi Roberto Mineo – le persone tentano la fortuna: alcuni giochi come la roulette, le scommesse sportive o le macchinette automatiche, da tempo sono saldamente ancorate nella nostra cultura, altre si sono aggiunte negli ultimi anni». Nel gioco, per Mineo, si cercano la suspense, l’eccitazione e il divertimento. «È l’attrattiva della possibile vincita a rendere i giochi d’azzardo così affascinanti. La maggior parte delle persone ha, nei confronti di queste attrazioni, un atteggiamento responsabile, ma i giochi d’azzardo possono anche trasformarsi in un rischio. Alcuni non riescono più a smettere di giocare e si sviluppa un desiderio irresistibile di continuare a giocare, nella speranza di vincere o di riguadagnare i soldi spesi».
Quando il gioco diventa patologico, spiegano al Ceis, le conseguenze si fanno pesanti per chi ne è colpito ma anche per i familiari. Peggiorano le relazioni, che spesso si reggono sulla menzogna, e soprattutto aumentano i debiti. «Quanto prima il gioco d’azzardo patologico viene diagnosticato – osserva Mineo – , tanto più alte sono le possibilità di uscire da questa forma di
dipendenza senza ulteriori danni finanziari, fisici o psichici. Purtropppo però l’offerta di giochi si amplia continuamente, mentre le misure di protezione, prevenzione e cura vengono trascurate».
In genere, riferiscono gli operatori della struttura, il ritornello con il quale tutti i giocatori si presentano è: «Una volta che comincio a giocare, smetto solo quando non ho più soldi. Se vinco continuo a giocare, per vincere ancora di più; se perdo, devo continuare a giocare, per rivincere i soldi persi». Quella che viene offerta loro dal servizio Ceis è la possibilità di liberarsi dal peso delle angosce e dai sensi di colpa. «Stabilendo una relazione significativa con gli operatori – rileva il presidente -, gli utenti trovano una possibile “via d’uscita”, scevra da ogni giudizio».
Il percorso di recupero che viene proposto si basa su
un progetto individuale fatto di incontri di gruppo, di colloqui individuali, di seminari tematici e/o informativi modulati secondo le esigenze della persona. «Con gradualità, stiamo cercando di sperimentare nuovi percorsi che prevedano, in modo particolare per le persone più grandi di età, una frequenza maggiore presso i servizi del Ceis, come la partecipazione ad attività seminariali, ludiche, ricreative e perché no sportive». Oltre alla possibilità di accedere al servizio in qualsiasi momento del giorno o della settimana, «proponiamo la possibilità per quelli che vivono più lontani da via Ambrosini o per chi vive solo, di avere contatti telefonici frequenti per monitorare la situazione ed alleviare la sensazione di solitudine».
13 giugno 2013