«Gratitudine al Signore per l’amicizia che mi ha donato»

La riconoscenza del Papa nell’omelia per la Messa nella solennità dei Santi Pietro e Paolo e nel 60° anniversario della sua ordinazione presbiterale di Angelo Zema

«È un’ora di gratitudine: gratitudine al Signore per l’amicizia che mi ha donato e che vuole donare a tutti noi. Gratitudine alle persone che mi hanno formato ed accompagnato. E in tutto ciò si cela la preghiera che un giorno il Signore nella sua bontà ci accolga e ci faccia contemplare la sua gioia». Il Papa ha concluso così, nel segno della riconoscenza, l’omelia della Messa presieduta ieri (mercoledì 29 giugno 2011), solennità dei Santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, nel 60° anniversario della sua ordinazione presbiterale. Una concelebrazione tradizionale, nella basilica vaticana, con l’imposizione del pallio agli arcivescovi metropoliti (erano 41), ma questa volta con un carattere davvero particolare per la ricorrenza. Era il 29 giugno 1951 quando, a 24 anni, Joseph Ratzinger veniva ordinato sacerdote, insieme al fratello Georg. E Benedetto XVI, nella Messa di mercoledì scorso – cui era presente come di consueto una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli – ha voluto ricordare quei momenti, chiedendo quasi scusa, alla fine dell’omelia, per aver indugiato troppo nei particolari.

Ha esordito con le parole di Gesù, «Non vi chiamo più servi ma amici», dicendo: «Sento ancora risuonare nel mio intimo queste parole di Gesù, che il nostro grande Arcivescovo, il cardinale Faulhaber, con la voce ormai un po’ debole e tuttavia ferma, rivolse a noi sacerdoti novelli al termine della cerimonia di Ordinazione». La memoria interiore sui 60 anni del suo ministero sacerdotale lo trattiene sul significato di questo legame con Cristo, sull’amicizia con Lui. «Il Signore – ha proseguito il Santo Padre – mi accoglie nella cerchia di coloro ai quali si era rivolto nel Cenacolo. Mi conferisce la facoltà, che quasi mette paura, di fare ciò che solo Egli, il Figlio di Dio, può dire e fare legittimamente: Io ti perdono i tuoi peccati. So che dietro tale parola c’è la sua Passione per causa nostra e per noi. So che il perdono ha il suo prezzo: nella sua Passione, Egli è disceso nel fondo buio e sporco del nostro peccato. E mediante il mandato di perdonare Egli mi permette di gettare uno sguardo nell’abisso dell’uomo e nella grandezza del suo patire per noi uomini, che mi lascia intuire la grandezza del suo amore. Egli mi affida le parole della Consacrazione nell’Eucaristia. Egli – ha detto ancora Benedetto XVI – mi ritiene capace di annunciare la sua Parola, di spiegarla in modo retto e di portarla agli uomini di oggi. Egli si affida a me. “Non siete più servi ma amici”: questa è un’affermazione che reca una grande gioia interiore e che, al contempo, nella sua grandezza, può far venire i brividi lungo i decenni, con tutte le esperienze della propria debolezza e della sua inesauribile bontà. “Non più servi ma amici”: in questa parola è racchiuso l’intero programma di una vita sacerdotale».

Poche ore prima, nel pomeriggio di martedì, il Papa aveva dato avvio con un tweet – un messaggio su Twitter – al nuovo portale dell’informazione vaticana. «Cari amici, ho appena dato l’avvio a http://www.news.va/. Sia lodato Gesù Cristo! Con le mie preghiere e la mia benedizione, Benedictus XVI». È il primo tweet lanciato da un Papa. Il portale multimediale della Santa Sede comprende tutti i media vaticani: “L’Osservatore Romano”, Sala Stampa, Radio Vaticana, Centro Televisivo Vaticano, “Vatican Information Service”, Agenzia Fides. Questa giornata – aveva detto l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali – passerà alla storia come il 12 febbraio 1931, quando Pio XI, inaugurando la Radio Vaticana, pronunciò in latino dai suoi microfoni il primo radiomessaggio di un Pontefice.

30 giugno 2011

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