La Passione messa in scena dai pupi siciliani
Mimmo Cuticchio, del Teatro dell’Opera dei Pupi, porta in scena all’Auditorium lo spettacolo popolare delle marionette della tradizione siciliana. In dicembre vedremo Astolfo nell’isola di Alcina di Toni Colotta
Una speciale Passione di Cristo è andata in scena con largo anticipo sui tempi liturgici. Non era recitata da veri attori o da gente comune, per devozione: sulla loro piccola ribalta agivano creature dall’anima di legno ma dalla forte espressività, pupi siciliani. Le celeberrime marionette per l’occasione erano guidate, agite da un gruppo famoso, quello di Mimmo Cuticchio, massimo “cuntista” (cantastorie, voce narrante) in questa antica forma di spettacolo popolare. E la rappresentazione ha attratto molto pubblico. Pezzi pregiati del loro repertorio seguiranno nell’ambito della “residenza artistica” di Cuticchio, un’iniziativa della Fondazione Musica per Roma -che gestisce l’Auditorium – per i cinquanta anni di carriera del grande puparo.
La Passione da lui trasfigurata trae origine da riti antichi. Nella Sicilia in cui con questa veste fu concepita fra ‘800 e ‘900 costituisce oggetto di “serate speciali”, in gran parte dedicate ai Paladini di Francia, distribuite in cicli con episodi che già appartengono all’immaginario collettivo ma hanno entusiasmato platee diversissime per nazionalità e cultura. E tuttavia in ogni riproposizione, come questa romana, Mimmo oprante, puparo e cuntista, legato alla tradizione, continua ad apportare varianti che ne hanno fatto un esponente di spicco della sperimentazione teatrale. In forza dell’aspetto e delle movenze conferite al “pupo”, nel caso dello spettacolo sacro sul sacrificio di Gesù si accentua la ieraticità “medioevale” dei personaggi.
Nell’ambito di questa “residenza artistica” vedremo in dicembre Astolfo nell’isola di Alcina. Va comunque scongiurato l’equivoco di vedere in questa storica istituzione un’anticaglia, sia pure artisticamente preziosa. Di museificarla insomma. Lo stesso Cuticchio ha detto ripetutamente che la sua non è un’operazione nostalgia ma teatro che assimila e trasmette temi d’oggi. Questo spiega il successo ovunque, dall’Europa all’Asia, all’Africa, e dà un senso al riconoscimento nei loro confronti dell’Unesco quale “patrimonio dell’umanità”.
Il Teatro dell’Opera dei Pupi dei Figli d’Arte Cuticchio ha la propria sede a Palermo in faccia alla mole del Massimo, il tempio dell’opera lirica. Il capostipite Giacomo Cuticchio diede avvio all’attività nel 1931, con annessa bottega per tramandare quella vera e propria scultura lignea che è la costruzione dei pupi, mossi da aste rigide secondo la tradizione antica. Il più giovane discendente in attività, figlio di Mimmo e che ha preso il nome del nonno fondatore, è anche musicista. Sue le melodie che accompagnano la Passione, eseguite live da un ensemble di violino, violoncello, sax e corno. Fra non molto dunque i Figli d’Arte festeggeranno il secolo di vita. E la loro storia continuerà.
18 marzo 2013