L’ennesima tragedia a Lampedusa, il Papa: «È una vergogna!»

Naufragato un barcone con circa 500 migranti. Francesco: «Uniamo le forze perché non si ripeta più». Padre La Manna (Centro Astalli): «Accogliamoli da vivi, altrimenti siamo colpevoli quanto i trafficanti» di F. Cif.

Un barcone di migranti è naufragato oggi, giovedì 3 ottobre, a Lampedusa, a circa mezzo miglio dell’Isola dei Conigli. Centinaia le persone in acqua, tra le quali una trentina di bambini e tre donne incinte. Già recuperati dalla Guardia costiera 92 cadaveri, tra cui una donna incinta e due bambini, un maschio e una femmina. Altri cadaveri sono già stati avvistati in mare. Il barcone, su cui viaggiavano circa 500 migranti soprattutto eritrei e somali, si è rovesciato a poca distanza dalla riva e ha preso fuoco. L’allarme è stato dato dall’equipaggio di due pescherecci che transitavano nella zona. I corpi di quanti non ce l’hanno fatta saranno trasferiti a breve nell’hangar dell’aeroporto, dato che il numero delle vittime sembra destinato a crescere. «In tanti anni di lavoro qui non ho mai visto nulla di simile», ha dichiarato il responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa Pietro Bartolo. Lo testimonia anche il numero dei naufraghi recuperati finora: solo 151.

«Preghiamo Dio per le vittime del tragico naufragio a largo di Lampedusa». Questo il primo commento di Papa Francesco affidato a Twitter. Quindi, intervenendo a braccio durante l’udienza in Vaticano ai convegnisti per il 50° anniversario dell’enciclica “Pacem in Terris”, è tornato a esprimere il suo «grande dolore» per le vittime del naufragio. «È una vergogna, è una vergogna!». Queste la parole usate dal pontefice, che ha ricollegato l’ennesima tragedia avvenuta al largo di Lampedusa ai temi della pace e della «disumana crisi economica mondiale, sintomo di una grave mancanza di rispetto dell’uomo». Quindi, con un appello accorato, ha invitato a unire le forze «perché non si ripetano più simili tragedie. Solo la decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenire tali tragedie».

«Basta! Ma che cosa aspettiamo oltre tutto questo? È un orrore continuo», aveva denunciato nella mattinata il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini. Un appello che ha il sapore amaro dell’impotenza: «Non sappiamo più dove mettere i morti e i vivi». Nella notte infatti era approdato sull’isola un altro barcone con 463 persone a bordo, trasferite poi nel centro di prima accoglienza che fino a mercoledì ospitava 770 persone. Oggi si trovano lì oltre 1.350 migranti, ai quali andranno aggiunti i superstiti del naufragio. «Basta morti nel Mediterraneo» è anche l’appello del Centro Astalli, che dichiara: «È il momento di misure straordinarie. Davanti all’ennesima tragedia nel Mediterraneo la Commissione europea e i governi nazionali non rimangano inerti. Bisogna attivare canali umanitari sicuri in grado di garantire alle vittime di guerre e conflitti in corso la protezione internazionale».

Per il presidente del Centro Astalli padre Giovanni La Manna «è inaccettabile e vergognoso che nel 2013 nel Mar Mediterraneo viaggino carrette fatiscenti con a bordo 500 persone, nell’indifferenza generale. Esprimere un formale cordoglio per i morti non basta a togliersi colpe e responsabilità – continua -. Dobbiamo accoglierli da vivi, altrimenti siamo colpevoli quanto chi organizza i traffici di esseri umani». Quindi la richiesta rivolta alle istituzioni europee e agli Stati nazionali di garantire l’esercizio del diritto d’asilo in sicurezza. In particolare «chiediamo che si prenda seriamente in esame la possibilità che il programma Frontex venga investito della responsabilità di monitorare e accompagnare in sicurezza i migranti forzati in fuga da guerre e persecuzioni e venga così garantito il diritto di chiedere asilo in Europa».

3 ottobre 2013

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