Prevenzione del suicidio, linea diretta al Sant’Andrea
Un Servizio, unico in Italia, accoglie richieste di aiuto da tutta la penisola. Il responsabile Maurizio Pompili: occhi aperti sui segnali di allarme. Riconoscimento con il “Buon Samaritano” di Lorena Leonardi
«Ogni persona, fin dall’infanzia, si porta dietro una certa vulnerabilità. Poi accade qualcosa: una perdita, una sconfitta, un disturbo psichiatrico. Qualcosa che fa leva su una fragilità preesistente, e che il soggetto non riesce ad affrontare». Maurizio Pompili, “suicidologo”, è responsabile del Servizio per la prevenzione del suicidio al Policlinico Sant’Andrea: nel 2007 ha fondato il primo (e unico) centro in Italia per la prevenzione sulle persone in crisi e l’assistenza alle famiglie di chi si toglie la vita.
Sul suicidio, spiega, la prevenzione «si può e si deve fare: sensibilizzando la popolazione, i soggetti più a rischio – i giovani e chi abusa di sostanze -, coloro che già si sono confrontati col rischio di suicidio». Il servizio operativo al Sant’Andrea, prosegue Pompili, che nel giugno scorso ha ricevuto il premio Buon Samaritano promosso dal Centro per la pastorale sanitaria della diocesi, «nasce da un prototipo nato a Los Angeles negli anni ’50. Era frutto di studi pioneristici condotti dai primi “suicidologi”, che facevano ricerche scientifiche sul suicidio, trattato fino a quel momento solo in ottica sociologica, demografica e aneddotica ma mai medica».
L’accento va posto sul «dolore mentale insopportabile», il cui costrutto rimanda alle emozioni negative dell’individuo: «Quando la soglia di sopportazione del dolore – afferma Pompili – supera quel quid individuale, il soggetto si interroga, fino a considerare il suicidio la migliore soluzione per abolire la sofferenza». I segnali d’allarme ci sono: «Una persona può dire in maniera più o meno esplicita che vuole morire. Si possono verificare cambiamenti dell’umore e del sonno, qualcuno cede cose care, collezioni o gioielli, fa testamento. Bisogna tenere gli occhi aperti: ogni famiglia conosce le modalità di comportamento dei suoi componenti; se qualcosa risulta nuovo, è sempre meglio indagare».
Con un minimo di sollievo e la possibilità di vedere il domani con una sofferenza minore di quella attuale, però, la persona sceglie di vivere: è su questo che insiste il Servizio del Sant’Andrea. Una linea diretta (06.33777740, dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 16.30) consente a chi pensa al suicidio o lo ha già tentato di mettersi in contatto con l’ambulatorio: «Visitiamo chi lo richiede, stabiliamo un percorso terapeutico, qualche volta c’è bisogno di ricovero». Tra medici, volontari e tirocinanti, sono circa 30 gli operatori del Servizio, che accoglie richieste provenienti da tutta Italia: circa 1.500 in un anno, con un picco nei mesi di primavera e autunno. Per sensibilizzare sul tema, ogni anno il Servizio organizza in ottobre l’evento sportivo Race for Life, mentre alla prevenzione del suicidio è dedicata una giornata mondiale, il 10 settembre, promossa dall’Associazione internazionale per la prevenzione del suicidio (Iasp) in partnership con l’Organizzazione mondiale della sanità. L’appuntamento, ospitato dall’ospedale Sant’Andrea, coinvolge «oltre 30 relatori e contestualmente – aggiunge Pompili – la nostra “survivor” Evelina Nazzari porterà in scena un monologo sull’esperienza di perdere un figlio per suicidio».
C’è chi se ne va, ma pure chi rimane: il Servizio si rivolge anche a loro, i «survivors», i sopravvissuti. E sono numerosissimi: «Per ciascun suicidio almeno 6 persone vengono intaccate dalla perdita. Ogni anno nel mondo i suicidi arrivano a un milione, quindi i sopravvissuti formano una vera e propria popolazione dimenticata».
Per informazioni: www.prevenireilsuicidio.it.
21 luglio 2014