Il cardinale Tong Hon e il sogno della riconciliazione

A Roma per la presa di possesso del titolo della chiesa Regina degli Apostoli, il vescovo di Hong Kong racconta la quotidianità dei cattolici in Cina. E il ruolo di “ponte” della Chiesa di cui è pastore di Francesca Baldini

Creato cardinale da Benedetto XVI nell’ultimo concistoro, il 18 febbraio scorso, il vescovo di Hong Kong John Tong Hon, 72 anni, ha preso possesso ieri, domenica 22 aprile, del titolo cardinalizio della parrocchia Regina degli Apostoli alla Montagnola. Nominato vescovo ausiliare di Hong Kong da Giovanni Paolo II nel 1996, un anno prima che la colonia britannica tornasse sotto il controllo di Pechino, nel 1997 ha preso parte alle negoziazioni sulle questioni del passaggio. Dal 2009 è alla guida pastorale della Chiesa di Hong Kong, condotta con un’attenzione prioritaria ai poveri, alla missione e alle vocazioni. E con la convinzione che «Cina e Santa Sede possano appianare le divergenze solo attraverso il dialogo e la negoziazione», dichiara. E in questa prospettiva «la Chiesa di Hong Kong ha un ruolo di ponte». Oggi è il settimo cardinale cinese nella storia della Chiesa, il terzo vescovo di Hong Kong a ricevere la porpora e il primo a esservi nato. A Roma Sette traccia un breve quadro della situazione dei cattolici nella penisola cinese. E racconta le emozioni della sua recente nomina

Come ha reagito alla notizia della nomina da parte di Benedetto XVI?
È stata una cosa inaspettata. Certamente non me ne sono sentito degno, ma sicuramente ne sono stato gratificato. Questo titolo non è un merito per me, ma manifesta il grande amore e la preoccupazione del nostro Santo Padre per la Cina e per la Chiesa Cattolica in Cina. È inoltre un incoraggiamento per la diocesi di Hong Kong come Chiesa – ponte. Vorrei fare del mio meglio per svolgere il mio dovere come consigliere del Santo Padre. Spero che tutti i cattolici di Hong Kong possano fare un grande sforzo per aiutare i nostri fratelli e sorelle in Cina, al fine di riconciliarsi tra di loro e raggiungere una piena comunicazione con la Chiesa universale.

Dopo la sua elezione, con quale spirito, affronta problemi quotidiani che spesso diventano spinosi in un Paese come la Cina, che avanza a ritmi serrati, lasciando indietro spesso l’importanza della persona?
La nostra Chiesa rispetta sempre i diritti individuali di ogni persona, incluso il diritto alla vita e altri diritti umani fondamentali. Provo sempre ad esprimere questo alle autorità cinesi, quando ho l’opportunità di farlo. Infatti nel 2008, quando sono stato invitato a partecipare alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici a Pechino, ho scritto un articolo pubblicato sull’Osservatore Romano con un appello per rilasciare i vescovi imprigionati in Cina. Inoltre nella mia lettera di Natale del 2010 ho descritto il vincitore del Premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo, i vescovi cinesi imprigionati e quei vescovi di una Chiesa libera che si sono rifiutati di partecipare all’Ottava assemblea dei Rappresentanti della Chiesa Cinese come «splendenti stelle in Cina».

Come vivono la loro fede i cristiani in Cina?
I cristiani sono in maggioranza provenienti dalle classi povere e loro vogliono restare fedeli al Santo Padre, ma il Governo cinese tenta di attrarli per seguire una linea indipendente dalla Chiesa offrendo loro posizioni in associazioni patriottiche. Questa è una tentazione per i cristiani. Preghiamo e speriamo che loro non cadano in questa lusinga.

Quali sono le loro paure le loro speranze?
Loro vivono sotto pressione. Alcuni sentono di voler partecipare ad una Chiesa aperta. Possono andare alla Messa la domenica e ricevere i sacramenti, non credono nella linea governativa di seguire una Chiesa indipendente. Loro vogliono essere uniti con il Santo Padre, ma restano in silenzio su questo. I membri della Chiesa sotterranea possono assolutamente non accettare la linea dell’indipendenza e non hanno paura di dirlo, ma bisogna capire che vivono e lavorano nelle loro piccole comunità.

La sua nuova nomina le ha portato difficoltà?
Sono nuovo a questa responsabilità. La sfida la considero come un regalo di Dio, ma non ho trovato alcuna difficoltà quando ho accompagnato il vescovo tedesco Franz-Josef Overbeck di Essen il 28 marzo di quest’anno, in una visita a Guangzhou, cittadina vicina alla terraferma, 90 km a nord da Hong Kong. Mi piace lavorare per la collettività e ricerco opinioni ed aiuto da differenti fonti nella Chiesa e nella società. Tutte le mie sfide e successi sono condivise con l’intera comunità.

23 aprile 2012

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