Il genio e l’avventura di San Benedetto

Il testo di Flaminia Morandi fa rivivere, sotto forma di storia romanzata, le azioni e il pensiero dell’autore della Regola e fondatore dell’ordine dei benedettini di Marco Testi

Merito indiscutibile di questo “San Benedetto” di Flaminia Morandi è quello di presentare al lettore aspetti sorprendentemente moderni del patrono d’Europa. Pur seguendo fedelmente le preziose e pressoché uniche fonti in nostro possesso, vale a dire la vita del santo contenuta nei “Dialoghi” di san Gregorio Magno (nato forse nel 540, vale a dire sette anni prima della morte di Benedetto, e nel medesimo anno della Regola), l’autrice ci porta dentro le azioni, che ci fa rivivere sotto forma di storia romanzata.

Dare un taglio narrativo a una delle storie per eccellenza d’Occidente, non si rivela una trovata peregrina, anzi: entrando dentro la narrazione si comprende meglio la portata e la singolarità della persona di Benedetto, uomo fuori dal comune per coraggio, ostinazione, intelligenza e capacità naturale di personificare lo spirito del tempo senza diventarne schiavo. Una delle pagine più suggestive del libro è, infatti, quella in cui la studiosa fa una osservazione che rivela capacità di introspezione psicologica: «La sua persona unificata, libera dalle contraddizioni e dalla molteplicità, diventa il mezzo per far entrare Dio nel mondo e far gustare ad altri la libertà promessa dal Vangelo».

In altre parole, il genio di Benedetto si rivela nel non essere servo del proprio tempo, della sua politica, delle sue ideologie, nel non preoccuparsi di correre dietro al carro di fugaci vincitori e, nel contempo, rappresentare proprio il senso di un tempo che cercava una risposta alla caduta dei valori, compresi quelli cristiani. In questa apparente contraddizione si nasconde l’enigma dell’uomo che modella la cera del suo tempo in una nuova forma.

È così che possiamo seguire la straordinaria avventura di un giovane umbro imbevuto di cultura classica e nel contempo alla ricerca di qualcosa che potesse saziare la costante sensazione della inadeguatezza di quella cultura. L’arrivo a Roma è la goccia che fa traboccare il vaso: quel modo superficiale di intendere il messaggio di Cristo gli fa capire che è giunto il tempo della rinuncia: alla cultura, all’amore, alla famiglia e agli affetti.

Poi l’arrivo nella zona dell’alto Aniene, presso la villa neroniana di Subiaco, la fondazione dei monasteri e poi l’intuizione che anche quel tempo era finito, e che le liti e le incomprensioni volevano significare una nuova tappa, quella definitiva di Montecassino. Qui prese forma definitiva la regola che assumendo elementi da alcune già esistenti doveva traghettare il monachesimo occidentale verso una diversa concezione della comunità, dove coesistono preghiera, studio e operatività. Probabilmente la portata di questa riforma non è stata ancora completamente sviscerata: è certamente assai arduo capire come da un singolo e inesperto, seppure entusiasta, individuo, che aveva scelto dapprima la solitudine ascetica sia potuto nascere non solo e non tanto un ordine, ma una concezione della missione cristiana che avrebbe ramificato e attecchito profondamente in tutto l’occidente.

“San Benedetto. Una luce per l’Europa”, di Flaminia Morandi, Paoline, 188 pagine, 15 euro.

28 dicembre 2009

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