La “vanitas” nella collezione Doria Pamphilj
Dipinti di Caravaggio, Lotto e Guercino nella mostra che raccoglie le opere di proprietà del cardinale Benedetto, noto bibliofilo nonché mecenate di Francesca Romana Cicero
Molte le virtù apprezzabili nel cardinale Benedetto Pamphilj (1653-1753), noto bibliofilo, poeta e musicista, autore di sonetti, arie e oratori, come il “Trionfo del tempo e del disinganno” musicato dal giovane Handel. Ma ancor più lodevole fu l’aver trovato nell’intimità della sua casa, e del casato, un prezioso ornamento della sua dignità: fu un grande e noto mecenate di artisti e musicisti, di cui la mirabile Galleria Doria Pamphilj di via del Corso offre eccellenti esempi.
Dall’esame degli inventari, risulta che il cardinale, pur riconoscendo nella tradizionale gerarchia accademica il primato – al pari di altri collezionisti romani – alle storie sacre o di soggetto sacro che ornavano le stanze di rappresentanza, amava decorare le altre sale dei suoi palazzi con nature morte e pitture di paesaggio.
La natura morta (stilleven, ovvero la fissità di quanto rappresentato), nata in ambito fiammingo e olandese, aveva conosciuto tra il XVI e il XVII sec. straordinaria fortuna in tutta Europa, in special modo presso collezionisti che nell’arte cercavano la celebrazione del loro status di benessere sociale e culturale raggiunto. Benessere non disgiunto dal monito della morale protestante di vivere una vita terrena, sia pur breve, con onestà e virtù.
La riflessione sulla caducità della vita, che al pari della frutta matura e dei fiori è destinata a deperire e sfiorire, era cara a diversi membri del casato Doria Pamphilj, come confermano la ricchezza delle opere, spesso commissionate ad eccelsi artisti, entrate nel tempo a far parte delle collezioni.
Una rassegna di capolavori eseguiti da Caravaggio, Lotto, Guercino, Ribera, Fetti e altri – unitamente a oggetti decorativi, stampe e libri che svolgono la funzione di memento mori, selezionati appositamente per l’esposizione, presentata in alcune sale della Galleria –, offrono uno sguardo trasversale sullo sviluppo del tema della vanitas in diversi contesti storici e culturali. Dalle origini cristiane e dalle riflessioni filosofiche alle nuove espressioni allegoriche, che alludono allo scorrere del tempo – teschi, gioielli, belletti e specchi – la natura effimera della vita terrena, «vanitas vanitatum et omnia vanitas» (Qohèlet), si propone modernamente allo spettatore come possibile tema di riflessione attuale sotto la guida ideale del cardinale.
L’antologia di soluzioni iconografiche (il disordine della tavola, la bellezza, la sensualità o la malinconia, il pentimento, la teologia del pianto ovvero la gratia lacrima rum, etc.) e la codificazione di gesti (ad es. San Girolamo è presentato come un exemplum d’imitazione del sacrificio della Croce, mentre la Maddalena come la rinuncia alla vanità femminile), anche in soggetti pagani (Icaro, diversamente da quanto raccontato da Ovidio, non gioca con la cera delle sue ali, ma pare consapevole del grave momento), non costituiscono dunque un invito puramente estetico, ma anche a conoscere e riconoscere la propria indole, e a non lasciarsi trascinare dall’infinita vanità del tutto.
Ma proprio perché breve, la vita deve esser gioia che bandisce la tristezza: la vanitas potrebbe essere letta, secondo le intenzioni dei curatori, anche come l’invito a vivere appieno il presente, come lo stesso cardinale fece, dedicando la sua vita alle arti, alla musica e alla letteratura d’intrattenimento.
“Vanitas. Lotto, Caravaggio, Guercino nella Collezione Doria Pamphilj” c/o Palazzo Doria Pamphilj, via del Corso. Fino al 25 settembre 2011. Rassegna ideata da M. Floridi e curata da F. Sinagra. Catalogo: Silvana editoriale. Orario: tutti i giorni dalle 10 alle 17. Ingresso: intero 10,50 euro; ridotto 7,50 euro. Informazioni e prenotazioni: arti.rm@doriapamphilj.it o tel. 06.6797323.
28 giugno 2011