Rischi dell’antipolitica, responsabilità dei media

Il delicato ruolo dei mezzi di comunicazione nell’attuale agone politico dove confluiscono visioni opposte. A un linguaggio drammatico, i media dovrebbero preferire l’approfondimento pacato di Elisa Manna

La competizione elettorale chiarirà se il vento dell’antipolitica sta diventando uragano o è solo una tempesta d’estate. Ma quello che è certo è che in ogni caso il fenomeno non va assolutamente sottovalutato, anche perché come negarlo, dentro quella che comunemente viene definita antipolitica confluiscono atteggiamenti e reazioni di segno diverso, se non opposto.

Se infatti l’invettiva dei demagoghi interecetta con facilità l’umore rancoroso e sordo di tanti è pur vero che magnetizza inevitabilmente il più che comprensibile disgusto per una politica che negli ultimi tempi sta disvelando facce poco presentabili e vicende indecenti. Lo sdegno dei virtuosi rischia di conglomerarsi col rancore dei qualunquisti e guai a quel popolo la cui classe dirigente non comprende appieno le potenzialità deflagranti di questa miscela.

Dunque in questa situazione il ruolo dei media e il loro modo di fare informazione politica diventa esercizio complesso e delicatissimo: perché non si possono ignorare i tanti movimenti antipolitici e oscurarli, ma neanche se ne può fare irresponsabile amplificazione per il gusto dell’ammuina. E sì, perché come è noto, i media prediligono il linguaggio “drammatico” all’approfondimento pacato e questo fa parte del loro dna, del loro lessico, oltreché di una tradizione ormai difficile da estirpare.

Non sarà però inutile rivolgere un appello alle responsabilità sociali dei media perché passata la trasmissione e visionati gli esiti per la quotidiana battaglia per lo share, restano gli effetti sulle scelte politiche dei cittadini. E noi,questi effetti, li dobbiamo assolutamente esorcizzare, che siano astensionismo di massa o generico e incontrollato voto di protesta.

9 maggio 2012

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