Beni confiscati: nel Lazio 5 Comuni su 10 non pubblicano i dati

Presentato il III report nazionale di Libera sulla trasparenza nelle amministrazioni locali. Inadempiente anche la Regione Lazio, che non pubblica correttamente l’elenco

Arrivato alla terza edizione “RimanDATI”, il report nazionale di Libera sullo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino e, quest’anno, anche con un il contributo di Istat. Un’indagine realizzata grazie a oltre 100 volontari in tutta Italia, che hanno partecipato a un percorso di formazione e di confronto al termine del quale si è creata una squadra di 41 persone, tutte attive a rilevare il livello di trasparenza degli enti locali.

Il risultato: il Lazio procede lentamente. «Su 76 Comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati (in totale sono 521 i beni destinati), nonostante la nostra domanda di accesso civico, sono ancora 39 i Comuni che non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, con una percentuale pari al 51% – riferiscono da Libera -. Piccolo passo in avanti rispetto al 2022, quando la percentuale era pari al 58%». Tra gli enti sovracomunali, anche la Regione Lazio è inadempiente sul livello di trasparenza, non pubblicando correttamente l’elenco dei beni confiscati, così come richiesto dal Codice Antimafia.

Il report nazionale ha visto due fasi di monitoraggio sui 1.100 Comuni italiani destinatari di beni confiscati. Dopo una prima ricognizione, all’esito della quale erano 504 i Comuni che pubblicavano l’elenco, è stata inviata ai Comuni la domanda di accesso civico, con la quale è stata richiesto di pubblicare o aggiornare gli elenchi; infine, una seconda ricognizione condotta sui siti dei Comuni che hanno risposto alla domanda di accesso civico semplice.

Notevole, a livello nazionale, il balzo in avanti nella direzione di una maggiore quantità di enti che pubblicano l’elenco: dai 504 enti rilevati con la prima ricognizione ai 724 rilevati con la seconda, con un incremento della percentuale di circa 20 punti, dal 45,5% al 65,2%. Nelle parole di Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni confiscati di Libera, «i dati presentati dimostrano la forza della comunità monitorante di Libera, che trova corrispondenza nei risultati raggiunti. Riteniamo fondamentale che accanto ai percorsi mirati a garantire il riutilizzo sociale, anche la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati e delle informazioni sui patrimoni confiscati siano elementi di primaria importanza», aggiunge.

La trasparenza, insomma, «deve essere considerata anch’essa un bene comune – sono ancora le parole di Giannone -, confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli enti locali di mettere a disposizione di tutte e tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco». In questo senso, RimanDATI «è uno strumento per attivare rapporti con il mondo degli enti territoriali di prossimità, che sono ingranaggio fondamentale dell’intera filiera della confisca e del riutilizzo, e per far crescere in modo esponenziale le storie di rigenerazione intorno ai beni confiscati, preservando lo strumento della confisca nel suo senso risarcitorio più profondo».

Nell’analisi della referente di Libera, «stiamo attraversando un periodo in cui dal governo arrivano segnali contrastanti sul sostegno agli enti locali: basti pensare a tutte le misure definanziate all’interno del Pnrr, fino al disegno di legge sull’autonomia differenziata, che bloccherebbe lo sviluppo di intere aree del nostro Paese. Inoltre, sempre di più prende piede un approccio privatistico al tema del riutilizzo dei beni confiscati: si parla del tema della vendita e della rimodulazione delle misure di prevenzione, si banalizzano le criticità e si rafforza la brutta abitudine a piegare i numeri ai propri fini. Messaggi che convergono su una lettura superficiale e ingiusta – rimarca -, a partire dalla quale si getta un discredito generalizzato su uno strumento che, invece, ha consentito una vera e propria rivoluzione. Lo ribadiamo con forza e convinzione: combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dei cittadini e delle comunità», conclude.

Nel Lazio sono 76 i Comuni destinatari di beni immobili confiscati; di questi, 39 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge, pari al 51% del totale, mentre sono 37 quelli che pubblicano le informazioni sui patrimoni confiscati loro destinati. Il primato negativo spetta ai Comuni della Provincia di Rieti, dove su due Comuni destinatari di beni confiscati, nessuno pubblica l’elenco; anche nella Provincia di Frosinone su 15 Comuni sono in 13 a non pubblicare l’elenco; seguono la Provincia di Viterbo, con 4 Comuni che non pubblicano sui 7 complessivi, e quella di Roma, con 17 Comuni che non pubblicano sui 35 destinatari di beni confiscati. Bene la provincia di Latina dove sono solo 3 i Comuni inadempienti su un totale di 17.

Un approfondimento è stato fatto sulla modalità di pubblicazione dell’elenco, da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. Nel Lazio solo il 14,5% dei Comuni pubblica in formato aperto e il 26% in formato PDF ricercabile. Il monitoraggio ha riguardato anche altre informazioni fondamentali sulla vita del bene confiscato: il 52,6 % dei Comuni non specifica i dati catastali, il 54% non specifica la tipologia, e ben il 64,5% non specifica la consistenza (informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato).

La ricerca analizza le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. «Sui 724 Comuni che hanno pubblicato l’elenco – informano da Libera -, abbiamo costruito un ranking mediato nazionale: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 71.6 punti. Il Lazio con un ranking regionale pari a 63.6 è al di sotto della media insieme ad altre 8 regioni: Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Veneto. Tra i Comuni capoluoghi di provincia, pubblicano l’elenco il Comune di Roma e di Latina, mentre Viterbo è tra i capoluoghi meno trasparenti non pubblicando nessuna informazione.

18 aprile 2024