Burkina Faso: «Isis non è morto»

L’allarme del vescovo Malgo e il progetto di Acs per la formazione di 16 seminaristi. Monteduro: «Nel silenzio, sta avvenendo quanto accaduto nel nord Iraq nel 2014»

«In questa situazione di grave sofferenza affrontata da miei fedeli è più che mai importante il vostro sostegno, soprattutto nella formazione di nuovi pastori». In un momento estremamente delicato per i cristiani del Burkina Faso e in generale della regione del Sahel, il vescovo di Fada ‘Ngourma Pierre Claver Malgo si rivolge alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre per lanciare un appello a sostegno della sua Chiesa. «La mia diocesi – riferisce – è la più grande del Paese ed è situata in una delle aree maggiormente interessate dagli attacchi». Fa riferimento alle violenze del fondamentalismo islamico, il presule, e cita come esempio la cappella bruciata nella parrocchia di Kantchari il 4 agosto scorso. «Le violenze hanno causato un altissimo numero di sfollati di cui ci stiamo prendendo cura. Per il momento li abbiamo alloggiati nelle aule delle scuole, anche se ciò significa non poter iniziare l’anno scolastico».

Monsignor Malgo parla anche della drammatica ascesa del fondamentalismo islamico osservata negli ultimi anni in Burkina Faso. «Non so spiegarmi il motivo di una tale evoluzione – afferma -. La nostra impressione è che si tratti di più gruppi che agiscono nella medesima area. Ma è chiaro che tutti abbiano un piano: occupare l’intera regione del Sahel». Il presule nota come le violenze non abbiano colpito esclusivamente la comunità cristiana, tuttavia «quando a essere attaccati sono i nostri fedeli viene sempre chiesto loro di convertirsi all’Islam e di abbandonare la propria fede. Senza contare la distruzione e la profanazione di simboli religiosi cristiani».

Intanto, fonti locali riferiscono di migliaia di fedeli in fuga da villaggi nel nord del Paese. «A Hitté e a Rounga i jihadisti hanno imposto ai cristiani di convertirsi o di lasciare le proprie case. L’attacco più recente è avvenuto a Hitté ad inizio settembre. Il terrore seminato dai fondamentalisti ha causato la fuga di 2mila persone», aggiungono. La natura anticristiana delle violenze in Burkina Faso è altresì testimoniata dai sacerdoti e pastori uccisi e sequestrati. Don Joel Yougbare, rapito il 17 marzo scorso, apparteneva alla diocesi di Fada ‘Ngourma. «È una sofferenza vedere i suoi genitori soffrire e non sapere come consolarli», dichiara il vescovo, notando inoltre come in Burkina Faso «abbiamo più che mai bisogno di ministri di Dio che sostengano i nostri fedeli costretti ad affrontare queste difficili prove. Ma purtroppo non ve ne sono abbastanza. Nella mia diocesi siamo riusciti a costruire un presbiterio per aprire una nuova parrocchia. I cristiani attendono ma purtroppo non ho sacerdoti da mandare».

Da sempre Aiuto alla Chiesa che soffre sostiene la presenza cristiana minacciata dai jihadisti. «Oggi è necessario il nostro aiuto in Burkina Faso», afferma il direttore Alessandro Monteduro lanciando una campagna per la formazione e il sostentamento dei 16 studenti del seminario di Fada ‘Ngourma. «Nuovi sacerdoti sono indispensabili alla Chiesa locale per dare forza e speranza alle coraggiose comunità di fedeli minacciate dall’avanzata dell’estremismo islamico – spiega -. Nel silenzio generale, in alcune aree del Burkina Faso sta avvenendo quanto accaduto nel nord dell’Iraq nel 2014. Chi crede che il fondamentalismo sia finito con la sconfitta dello Stato Islamico in Iraq e in Siria si sbaglia. Isis non è morto».

19 settembre 2019