Caritas Roma: «Per morti di freddo responsabilità non più eludibili»
In un editoriale comparso sul sito dell’organismo diocesano viene denunciata la situazione del X Municipio: «In questa zona si è tornati indietro di 15 anni»
«Non possiamo accettare di abbandonarci all’assuefazione perché non esiste fatalità nelle morti per il freddo delle persone senza dimora». Sono parole che compaiono in un editoriale sul sito della Caritas di Roma all’indomani della morte di un ragazzo rumeno di appena trent’anni alla Stazione Tiburtina. Non ce l’ha fatta a resistere al freddo della notte, «una sola coperta non è sufficiente per ripararsi all’aperto», ha detto uno degli investigatori che la notte del 4 gennaio è intervenuto dove giaceva il corpo senza vita avvolto da una leggera coperta.
Non si tratta della prima vittima del freddo. Pochi giorni prima a morire, anche lei assiderata, una donna senza dimora nei pressi del Parco delle Valli a Montesacro. «Se n’è accorto un passante quando ormai non c’era più nulla da fare. Una settimana prima – si legge ancora nell’editoriale -, analoga sorte per un uomo che dormiva in un sacco a pelo sulla banchina del Lungotevere, all’altezza del ponte Duca D’Aosta», mentre a metà dicembre «un cittadino nordafricano è stato trovato senza vita nei pressi della basilica del Sacro Cuore a Termini».
Davanti a questi morti, «che segnano la nostra città senza però mai riuscire a scuoterla veramente, a interrogarla sul perché queste vite sembrino valere meno delle altre, non ci si può stancare di chiedere attenzione. Non bastano poche righe nelle cronache locali dei quotidiani. Non si possono congedare queste morti come fossero fatalità perché i corpi non presentano “segni di violenza”, come se il freddo fosse una causa di forza maggiore imprevedibile e inaffrontabile. Non possiamo accettare di abbandonarci all’assuefazione perché non esiste fatalità nelle morti per il freddo delle persone senza dimora».
Ci sono «responsabilità che non è più possibile eludere», prosegue l’editoriale, citando poi la situazione del X Municipio:«In questa porzione della città si è tornati indietro di 15 anni, quando all’inizio degli anni duemila nella zona dei Cancelli si sperimentavano tensostrutture per l’accoglienza delle persone in strada. Allora ciò poteva rappresentare il segno di un’attenzione da parte delle istituzioni, con le prime sperimentazioni in questo territorio. Ma oggi non più. Le risposte non possono più essere solo “emergenziali”, non possono essere tende, devono essere risposte tempestive, concrete e rispettose di una umanità sofferente che merita percorsi veri di reinserimento e di promozione».
«Cosa si aspetta? Si auspica forse che l’assenza prolungata di risposte possa incoraggiare centinaia di persone povere ad abbandonare questo territorio e spostarsi altrove? In un altrove mai definito dove più di qualcuno (alcune forze politiche comprese) vorrebbe spostare anche le strutture che offrono aiuto. Siamo per caso di fronte a un processo sempre più consapevole di negazionismo della dignità delle persone più povere? Se così fosse, quel “lungomuro” che tanta propaganda politica vorrebbe rimuovere per rendere finalmente accessibile il Litorale, continua a resistere nelle nostre coscienze come barriera che impedisce il riconoscimento dell’altro povero. È un monito per tutti ma soprattutto per chi ci governa e per la grande moltitudine dei “tiepidi” il cui silenzio assordante contribuisce al sonno della coscienza di questa parte di Roma».
8 gennaio 2018