Centro Astalli, nel 2017 protetti 14mila migranti a Roma
Presentato il rapporto annuale. Il presidente, padre Camillo Ripamonti: La nostra rete di accoglienza, nelle sue diverse sedi territoriali lo scorso anno ha protetto circa 30mila migranti forzati»
Sono 65,5 milioni i migranti forzati nel mondo, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda Guerra mondiale; il 10% di loro trova rifugio in Europa: nel 2017 sono stati 171.000, in Italia quasi 120.000. Sono alcuni dei dati presentati questa mattina, 9 aprile, nel corso della diciassettesima edizione del rapporto annuale del Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, che ha avuto luogo presso il Teatro di largo di Torre Argentina ed è stata presentata da Marco Damilano, direttore dell’Espresso.
«La nostra rete di accoglienza, nelle sue diverse sedi territoriali – ha spiegato padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli –, lo scorso anno ha protetto circa 30mila migranti forzati, 14mila nella sola sede di Roma»: chi scappa da crisi politiche, guerre e persecuzioni «è solo e vulnerabile e trova spesso la strada sbarrata da muri e recinzioni, noi tendiamo mani e ponti». Da qui la copertina del Rapporto annuale sulla quale campeggia il volto di una bambina che guarda lontano: «una delle opere di street art cui abbiamo voluto dedicare una sezione fotografia – ha chiosato Ripamonti -: perchè l’arte può ridisegnare la topografia delle nostre città e, allora, il muro diventa luogo creativo che apre nuovi orizzonti».
Sul rapporto tra comunicazione e una certa idea di migrazione è intervenuta anche Monica Maggioni, presidente Rai e giornalista: «Le parole sono performanti della realtà e dell’idea che ne abbiamo– ha chiosato -: l’informazione non può e non deve sminuire la questione dei migranti» come fosse un semplice fatto di cronaca ma «è chiamata a farne un racconto fondato su dati, cifre e contesti» così da far vedere soprattutto ciò che di questo fenomeno non si vede, o si vede «in modo deviato, restituendo così a chi fruisce delle notizie la complessità di un problema».
Le strutture del Centro Astalli sono presenti su tutto il territorio nazionale (Catania, Palermo, Grumo Nevano-Napoli, Vicenza, Padova e Trento) e nel 2017, con diverse modalità, hanno accolto oltre 1000 persone, di cui a Roma 255 nei Centri Sprar e 161 nelle comunità di ospitalità. Sono stati 59.908 i pasti distribuiti alla mensa di via degli Astalli 14/A, uno dei primi servizi di bassa soglia, mentre 1358 coloro che si sono rivolti all’ambulatorio o al centro medico che afferisce al Centro. Quasi 700 i volontari coinvolti nei diversi servizi, 20 i giovani impegnati nel Servizio civile e oltre 100 gli operatori professionali attivi in tutta Italia.
«Questo rapporto – ha spiegato ancora Ripamonti – non vuole essere una serie di numeri ma uno strumento utile per capire chi sono le persone che giungono in Italia per chiedere asilo e quali gli ostacoli burocratici che incontrano nel percorso del riconoscimento della protezione internazionale» ma, soprattutto, un modo per «leggere dietro le statistiche, la storia di ognuno». All’attenzione alla singola persona con il proprio vissuto ha invitato anche padre Fabio Baggio, sottosegretario di Papa Francesco per la Sezione migranti e rifugiati della Santa Sede: «Massificare e uniformare non serve e non fa bene» ha detto il religioso ricordando quanto il Papa «insista costantemente sul prestare attenzione al volto e al nome di chi bussa alla nostra porta». Baggio ha sottolineato come «l’accoglienza non è sufficiente: bisogna guardare oltre» e agire a breve, medio e lungo termine secondo quanto suggerito dallo stesso Pontefice: «preoccupandoci, nell’immediato, di salvare le vite», quindi operando «per la trasformazione delle azioni politiche volte ad intervenire sulla questione dei migranti» per poi riuscire «ad eliminare alla radice le cause delle migrazioni forzate».
Un impegno nel quale il Centro Astalli «intende continuare a perseverare – ha detto ancora Ripamonti – senza vergognarci di quanto abbiamo fatto e di quanto facciamo ogni giorno per i nostri fratelli e sorelle», anche se questo significa andare contro una certa mentalità e forma mentis diffusa: «non siamo dei poveracci che aiutano i poveri – ha concluso con forza il religioso – ma uomini e donne che con senso di responsabilità civile non vogliono smarrire il proprio senso di umanità» e che si impegnano a restituire «dignità alle persone cui è stata tolta».
Come è stato per Moussa, 27 anni, rifugiato dal Mali: scappato in Libia dallo stato africano natio a seguito di un colpo di stato, è stato costretto «a lavorare fino a 15 ore al giorno per due soldi che ci venivano rubati regolarmente»; viveva in un campo all’aperto e venne fermato e fatto prigioniero perchè non aveva i documenti: «Ho subito torture e violenze – ha raccontato – e poi sono evaso e sono fuggito salendo su un gommone: ero certo che sarei morto». Oggi, invece, Moussa vive in una comunità di ospitalità del Centro Astalli e spera di «poter rimanere a Roma non per essere un peso per lo Stato ma per aiutare».
9 aprile 2018