Comboniani: «Ripartire dall'”essere missione”»
Concluso il simposio per celebrare i 150 dell’istituto: «Quattro parole per continuare: mistica, umiltà, fraternità e ministerialità»
Concluso il simposio della Famiglia Comboniana per celebrare i 150 dell’istituto: «Quattro parole per continuare: mistica, umiltà, fraternità e ministerialità»
Si è concluso con un messaggio ai confratelli il simposio della Famiglia Comboniana svoltosi a Roma per celebrare l’anniversario dei 150 anni dell’istituto. Celebrare significa «fare memoria delle nostro origini – si legge nella nota conclusiva – e della storia che il Signore sta tracciando con noi e con i popoli che abbiamo incontrato nel cammino. Ricordare non è un esercizio di archeologia, ma un processo vivo di ringraziamento e affidamento fiducioso al Signore».
Il simposio è stato importante per approfondire la figura del fondatore Comboni: «Siamo sicuri che ogni volta che ci riavviciniamo alla sua grazia carismatica facciamo un salto di qualità». A 150 anni però, una «riconfigurazione del nostro istituto è necessaria. Ci troviamo di fronte alla sfida di una missione che non si ferma, che è ancora lontana dalle sue mete. L’invecchiamento dei membri del nostro istituto accompagnato da un calo di vocazioni in molte delle nostre circoscrizioni, i nuovi paradigmi di missione e il cambio del nostro ruolo all’interno delle chiese locali sono alcune fra le sfide che aggiungono ansia al nostro presente. Questa missione esige una testimonianza che va molto al di là delle opere e interroga il nostro stile di vita, e ci chiede la consegna di tutto noi stessi».
Una riconfigurazione che passa attraverso quattro cammini: la mistica, l’umiltà, la fraternità e la ministerialità. Per quanto riguarda il primo elemento, «non è solo questione di riscoprire il gusto della preghiera – scrivono i comboniani -, ma sviluppare una spiritualità della presenza di Dio nella storia dei popoli e nei volti delle persone. La fede e la speranza dei poveri ci insegnano questa mistica, senza la quale richiamo di inaridire e di perdere il senso del nostro cammino missionario».
Altro elemento fondamentale, sottolineato nel messaggio, è quello dell’Umiltà: «Oggi non conta solo “fare missione”, ma prima e soprattutto “essere missione”. Non bastano le parole e le opere, ci sono tante persone capaci di parlare e di fare, a volte anche meglio di noi. La sfida che abbiamo è mostrare con la nostra vita il tesoro che custodiamo nel cuore». Ripartire per essere fratelli, il che «vuol dire anche far spazio gli uni gli altri, nelle diverse culture ed età, e a volte richiede momenti di riconciliazione, anche sacramentale. Più fraternità aiuterebbe ad integrare missione e consacrazione e a migliorare il nostro discernimento comunitario».
La Ministerialità, infine: «Oggi abbiamo bisogno di essere meglio qualificati in diversi campi dell’evangelizzazione, lavorando in equipe con tutti i soggetti della famiglia comboniana e della chiesa locale. La missione è il punto di riferimento di ogni percorso formativo. La ministerialità non basta se non è fondata sulla passione di Cristo per l’umanità».
5 giugno 2017