Don Gianni Novelli, profeta di pace

Il fondatore del Cipax si è spento il 28 novembre. I funerali celebrati il 30 novembre nella Comunità di base di San Paolo. Il ricordo di Oliviero Bettinelli (Pastorale sociale)

È morto il 28 novembre don Gianni Novelli, il fondatore del Centro interconfessionale per la pace (Cipax). Nato a Roma nel 1936, uomo e prete in prima linea per la pace e per il dialogo, ha vissuto il suo impegno facendone testimonianza della sua fede cristiana, come è stato ricordato nel funerale, celebrato questa mattina, 30 novembre, nella Comunità di base di San Paolo. Il 6 dicembre avrebbe compiuto 87 anni.

Un lungo percorso, il suo, che si è intrecciato più volte con quello della Caritas diocesana di Roma. Basti pensare che insieme al fondatore don Luigi Di Liegro è stato per anni promotore delle celebrazioni in ricordo dell’arcivescovo di San Salvador Oscar Romero, ucciso sull’altare mentre celebrava  la Messa, nel 1980. Specchio della sua apertura alla dimensione internazionale, oltre che nazionale, tradotta anche nelle collaborazioni con Pax Christi, con le Chiese e le riviste protestanti, con esponenti di tutte le religioni.

«Gianni era un uomo di ascolto e di dialogo, non dava mai l’idea della fretta, la sua pacatezza era un marchio di fabbrica ma la sua determinazione non conosceva ostacoli». Lo ricorda così Oliviero Bettinelli, vice direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale sociale, del lavoro e della custodia del creato, a lungo in Caritas come responsabile dell’Area Educazione alla pace e alla mondialità. «Con meticolosa e consapevole pazienza, muovendosi in punta di piedi, metteva insieme gruppi, partecipava alle manifestazioni, pubblicava libri, organizzava marce, momenti di preghiera e di riflessione», aggiunge. E con la memoria, torna al primo incontro con lui, nella vecchia sede del Cipax in via degli Acciaioli, a metà degli anni ’80.

«Da quando lo ho conosciuto – sono ancora le parole di Bettinelli – Gianni è sempre stato uguale. Quando lo incontravi e lo abbracciavi ti accorgevi che da quando lo avevi visto la prima volta non era cambiato per niente. Una fisionomia immutabile; stesso viso, stessa erre moscia, stessa barba e stesso sorriso riservato, quasi timido, con cui accompagnava ogni parola, riflessione, pensiero. Quel sorriso era inconfondibile e lo vedevi arrivare da lontano e sapevi che ti avrebbe portato in dono una persona speciale».

Di don Novelli Bettinelli sottolinea l’«estrema dolcezza» accompagnata da «altrettanta lucidità», sperimentata già in quel primo incontro in cui «si ragionava di nucleare, delle basi missilistiche di Comiso, del commercio delle armi, dei popoli oppressi dalla violenza, del ruolo della Chiesa, delle esigenza di progettare la Pace. Lui – prosegue – ti ascoltava da dentro la sua incrollabile, mite e definitiva convinzione: alla luce del Vangelo quegli affari per i cristiani erano inconcepibili e inconciliabili».

Gianni «era schierato e i suoi orizzonti erano definiti: giustizia, pace e cura del creato, in un contesto e in una visione ecumenica che stava acquistando vigore in quel periodo e che dava prospettive di speranza – riflette ancora il vice direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale -. E lui era il nostro anello di congiunzione». Ad animarlo, «una visione di fede senza fronzoli, profonda e permeante, al punto di portarlo a non temere di  pagare di persona la solitudine e l’incomprensione per poterla testimoniare senza incertezze». In tutto questo, «la sua visione ecumenica era inossidabile e allo stesso tempo  una boccata di ossigeno che sapeva trasmettere nei pensieri e nei fatti, proponendo con il Cipax momenti di confronto, di preghiera, senza barriere».

Alcuni giorni fa l’ultimo incontro. «Siamo andati, con un amico, a trovarlo a casa sua. Ci aveva da tempo invitato a pranzo.  Chiacchieravamo in libertà, ci confidavamo i programmi futuri e ricordavamo con riconoscenza il passato. Eravamo all’ultimo piano e  dalla finestra del piccola cucina dove eravamo seduti si vedeva il suo terrazzo con piantata a un angolo una bandiera della pace, un po’ consunta ma che sventolava con energia. Stava lì da tempo. Ce la mostrò con orgoglio e noi la guardammo con tenerezza. Mi piace pensare che lui in quel momento abbia colto la nostra riconoscenza per tutto il bene che, attorno al simbolo, lui ci ha voluto e ci ha donato. Mancherà. E non solo a noi».

30 novembre 2023