Fine vita: Marco Cappato si autodenuncia

Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni dai Carabinieri, dopo avere accompagnato Elena, 69 anni, malata terminale di cancro, al suicidio assistito in Svizzera. Un caso, il suo, non contemplato dalla recente sentenza della Corte costituzionale. Rischia fino a 12 anni di carcere

Rischia fino a 12 anni di carcere Marco Cappato, il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che si è autodenunciato ieri, 3 agosto, ai Carabinieri di Milano per aver accompagnato al suicidio assistito in Svizzera la signora Elena, 69 anni, malata terminale di cancro. Un caso, quello di Elena, che non è contemplato dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo che ha depenalizzato in parte il suicidio assistito in Italia, dal momento che la donna non era «tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale». Una forma di disobbedienza civile, che Cappato ha pubblicamente riconosciuto nella stessa caserma nella quale, nel febbraio 2017,  si era presentato dopo aver accompagnato in una clinica svizzera Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, paralizzato e cieco dopo un grave incidente, perché ponesse fine alle sue sofferenze. Nel mezzo, il caso di Federico Carboni, il primo paziente che ha avuto accesso al suicidio assistito in Italia.

Accompagnato dall’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Coscioni, il tesoriere ha assicurato, prima di entrare in caserma, che «per le prossime persone che ce lo chiederanno, se saremo nelle condizioni di farlo, aiuteremo anche loro. Sarà poi compito della giustizia stabilire se questo è un reato o se c’è la reiterazione del reato. O se c’è discriminazione, come noi riteniamo, tra malati». Nelle parole di Cappato, «non c’è stata alcuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti. In queste ultime due legislature non è mai stata discussa nemmeno un minuto la nostra legge di iniziativa popolare presentata 9 anni fa. Ora siamo arrivati a questa situazione: di fronte alla richiesta di Elena, potevamo girarci dall’altra parte o darle l’aiuto che cercava, alla luce del sole e assumendoci totalmente la responsabilità di questo».

Proprio Elena ha lasciato un ultimo messaggio nel quale racconta le motivazioni della sua scelta. «Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia – dichiara nel video diffuso dall’associazione Coscioni -. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola». La donna aveva ricevuto la diagnosi di microcitoma polmonare a inizio luglio 2021, sapendo da subito che le prospettive non erano buone. «Elena ha appena confermato la sua volontà: è morta, nel modo che ha scelto, nel Paese che glielo ha permesso – le parole di Cappato subito dopo l’esecuzione del suicidio assistito, il 2 agosto -. Domattina, in Italia, andrò ad autodenuciarmi».

All’uscita dalla caserma, il referente dell’associazione Luca Coscioni ha evidenziato che «dalla Corte costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, è stato impedito al popolo italiano di decidere, in un modo o nell’altro, sulla legalizzazione dell’eutanasia», ricordando che non si è riusciti ad approvare neanche la legge di iniziativa parlamentare. «Noi abbiamo questa strada oggi, nella prossima legislatura si vedrà – ha aggiunto -. La bocciatura del referendum incide, perché se a giugno si fosse votato, se la Corte costituzionale non avesse accampato pretesti per impedire a cittadini di votare, oggi non saremmo qui».

4 agosto 2022