Giappone, dove la pastorale passa dalla cucina. Italiana

Marina e Massimo, sposati da 32 anni, da 15 nel Paese del sol Levante, raccontano la loro esperienza missionaria. Tra lezioni ai fornelli e catechesi

«Noi facciamo la pastorale degli spaghetti!». Massimo Succi e Marina Della Marca sono sposati da 32 anni. Gli ultimi 15 li hanno trascorsi in Giappone, inviati come missionari dall’allora cardinale vicario Camillo Ruini, il 14 febbraio del 2002. Non è facile far convivere la cultura del Sol Levante con la fede cristiana, raccontano i coniugi. Ma evangelizzare si può, usando la creatività. «Io insegno cucina italiana a casa – spiega Marina – mentre mio marito lingua e cultura italiane. Facciamo lezione insieme e troviamo sempre il modo di introdurre elementi che rimandano al Vangelo. Massimo propone vere e proprie catechesi». La ricetta delle lasagne serve a spiegare la tradizione del pranzo domenicale e della mensa eucaristica; quella del pandoro o del panettone a parlare del Natale e della nascita di Gesù. «Il tutto con pazienza e amicizia», sottolineano, riprendendo quanto auspicato nei giorni scorsi dal cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, in viaggio apostolico nell’arcipelago nipponico. In questi giorni invece Marina e Massimo si trovano a Roma, dove resteranno fino a fine mese.

«In Giappone su circa 120 milioni di abitanti – raccontano – i cattolici sono circa 500mila, e la maggior parte sono persone anziane. In questi anni abbiamo incontrato molti giapponesi che non avevano mai sentito parlare di Gesù Cristo. Qualcuno pensava addirittura che il cattolicesimo fosse una religione americana». L’organizzazione della società e la cultura sono lontanissime da quelle italiane, e per i coniugi Succi non è stato facile ambientarsi. All’inizio vengono mandati nell’isola di Shikoku, a Kochi: il vescovo Jopseph Fukaori aveva richiesto missionari per la sua diocesi di Takamatsu. «Lì facevamo vita di parrocchia, ma all’inizio abbiamo sofferto molto la solitudine». Così pure i loro figli, che invece oggi sono perfettamente integrati: Marco, di 28 anni, lavora in un ristorante italiano; Adriana, di 26, insegna in un asilo nido internazionale mentre Manuel, responsabile di supermercato, sta per sposarsi. «La sua fidanzata ha genitori spagnoli ma è nata in Giappone – specifica mamma Marina -, e tra loro due parlano prevalentemente in giapponese. Insomma, sono inseriti nella cultura nipponica molto più di noi».

Non è facile parlare di Messa domenicale a persone che lavorano anche sedici ore al giorno e a ragazzi impegnati a scuola sette giorni su sette. «Chi non frequenta i club il sabato e la domenica ottiene un punteggio minore – dice Massimo, provando a spiegare il complesso sistema scolastico nipponico -, quindi molti genitori non vogliono portare i propri figli a Messa perché questo avrebbe ripercussioni sul loro curriculum». D’altro canto, però, le scuole cattoliche sono ritenute molto prestigiose, tanto che perfino la principessa Mako, nipote primogenita dell’imperatore Akihito, ha studiato all’International Christian University di Tokyo. «Lo stress da lavoro e l’eccessivo carico scolastico sono causa di numerosi suicidi – riferiscono i due missionari -, che sono uno dei principali problemi del Giappone. Il tasso di suicidi è così elevato che in molte stazioni sono state installate delle “barriere anti-suicidio” per evitare che le persone possano gettarsi sotto i treni». E chi non arriva a togliersi la vita, «spesso soffre di depressione o ha problemi di alcolismo». I giapponesi, proseguono i due coniugi appartenenti al Cammino neocatecumenale, «sono molto chiusi, riservati, e tendono a non esprimere i propri sentimenti per non disturbare l’altro. È difficile che possano esserci conversioni vere e proprie, perché in tanti che ci seguono ci hanno spiegato che se si facessero battezzare le famiglie, seguaci dello scintoismo o del buddismo, li allontanerebbero. Eppure c’è tanto interesse per la fede cristiana. E questo è già molto importante».

19 settembre 2017