Giubileo della Misericordia, i momenti più intensi
Dalla Porta Santa di Bangui agli eventi con i detenuti e gli emarginati: viaggio tra le grandi tappe dell’Anno Santo indetto da Francesco
Dalla Porta Santa di Bangui agli eventi con i detenuti e gli emarginati: viaggio tra le grandi tappe dell’Anno Santo indetto da Francesco
Partecipanti al Giubileo in Roma: 20.414.437. È la scritta che campeggia al centro del sito del Giubileo della Misericordia, al momento in cui scriviamo. Ma non è solo un arido numero. Sono milioni – presto supereranno i 21 – di volti e di storie di riconciliazione che sono passate per le Porte Sante aperte a Roma, soprattutto attraverso quella della basilica di San Pietro. Volti e storie a contatto con l’abbraccio di misericordia di Papa Francesco, che questo Giubileo lo ha fortemente voluto.
Proviamo a ripercorrere i momenti più significativi di questo anno non tanto per un bilancio – consapevoli che i veri frutti del Giubileo sono nascosti nei cuori delle persone – quanto per affidarli alla memoria di un anno davvero straordinario. E certamente vi resta scolpita l’immagine dell’apertura della Porta Santa della cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, da parte del Papa, prologo senza precedenti di un Anno Santo dedicato in particolare agli ultimi. Segno di un annuncio contenuto nella bolla di indizione del Giubileo, la Misericordiae vultus: «In questo Anno Santo potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali… Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce… In questo Giubileo la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite..». Significativi, in questo senso, i “Venerdì della misericordia” con cui Francesco ha testimoniato concretamente, di persona, la vicinanza sua e della Chiesa ai poveri: ammalati, bambini in difficoltà, anziani, ragazze vittime della tratta, e altri ancora, proprio per dire nei fatti che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio, come non si stanca di ripetere.
Accanto a questi, vanno sottolineati sia gli ultimi appuntamenti del calendario degli eventi, nient’affatto marginali nell’ottica giubilare – quelli con i carcerati, di domenica 6 novembre, e quello con le persone emarginate, che ha concluso ieri, domenica 13, il Giubileo prima dell’atto finale della chiusura delle Porte Sante – sia la celebrazione con ammalati e disabili. E la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta che del servizio agli ultimi ha fatto la sua ragione di vita: forse il simbolo del Giubileo insieme a Padre Pio (le cui spoglie sono state accolte a Roma con quelle di Leopoldo Mandic), testimone della misericordia tra la gente. Riandando però indietro ai primi passi di questo Anno Santo, tra gli eventi del calendario stilato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, sono state le famiglie le prime ad accostarsi alla Porta Santa, con l’auspicio del Papa affinché «ogni famiglia cristiana possa diventare luogo privilegiato in cui si sperimenta la gioia del perdono».
In gennaio, la visita di Francesco alla Sinagoga di Roma, solo uno degli esempi di quel dialogo, sia interreligioso sia ecumenico (momento più recente il viaggio in Svezia per i 500 anni della Riforma), che pure è tra gli aspetti centrali del Giubileo: al Tempio Maggiore riprende l’espressione di Giovanni Paolo II rivolta agli ebrei, «fratelli maggiori nella fede». Solo pochi giorni dopo, a San Paolo fuori le Mura, concludendo la Settimana per l’unità dei cristiani, il Papa invoca «misericordia e perdono per i comportamenti non evangelici tenuti da parte di cattolici nei confronti di cristiani di altre Chiese» e definisce le divisioni tra cristiani una «ferita aperta». In febbraio esorta i consacrati a «scelte profetiche», ad essere «uomini e donne dell’incontro»; affida il mandato ai Missionari della Misericordia, novità di questo Anno Santo, oltre mille sacerdoti con un compito speciale, l’autorità di perdonare anche i peccati riservati alla Sede Apostolica, aprendo «le porte dei cuori»; sulla stessa scia, invita i preti della diocesi di Roma (anche i nuovi, che ordina in aprile) ad essere «generosi nel perdono». L’esempio lo dà lui stesso, confessando alcuni fedeli in occasione della liturgia penitenziale promossa nell’ambito della “24 ore per il Signore”.
Un altro gesto compiuto dal Papa che resta nella memoria è la lavanda dei piedi a dodici profughi nella Messa in Coena Domini del Giovedì Santo, nel centro di accoglienza per richiedenti asilo a Castelnuovo di Porto, vicino a Roma: tra questi, tre musulmani e una donna, un’operatrice del centro. Altra novità è la “veglia per asciugare le lacrime” che il Papa presiede in maggio – subito dopo il Giubileo dei ragazzi – per testimoniare l’attenzione e la vicinanza della Chiesa verso l’umanità tormentata dalle sofferenze. Dopo l’evento giubilare con i diaconi, in giugno una giornata speciale con i sacerdoti provenienti da tutto il mondo: tre ritiri in altrettante basiliche di Roma con il suo intervento, tra moniti e vocaboli nuovi, «misericordiare per essere misericordiati».
Ancora, l’apertura del Convegno diocesano a San Giovanni, dedicata alla Amoris laetitia, con l’invito ad evitare la «pastorale dei ghetti». In estate, a Cracovia, per la Giornata mondiale della gioventù, l’abbraccio di un milione e 600mila giovani a Francesco, con l’esortazione a «costruire ponti» in un tempo di «muri». A Roma, in settembre, è di nuovo la contemplazione della misericordia al centro del Giubileo dei catechisti, a partire dal motto del Papa, “Miserando atque eligendo”, mentre in ottobre Francesco indica Maria come modello di fede e umiltà davanti a migliaia di fedeli legati alla spiritualità mariana. Ora è il tempo della chiusura delle Porte, mentre resta aperto per tutti il cammino della misericordia.
14 novembre 2016