Il mare davanti a Lampedusa restituisce 12 corpi

Tra loro anche una giovane mamma abbracciata al suo bambino. Erano sul barchino affondato all’alba del 7 ottobre, a poche miglia dalla costa

60 metri di profondità, a poche miglia dalla costa di Lampedusa. È lì che i sommozzatori della Guardia costiera hanno individuato, nella giornata di ieri 15 ottobre, il barchino affondato lunedì 7. Intorno, 12 dei 17 corpi ancora dispersi. Tra loro, anche una giovane mamma abbracciata al suo bambino. Non si esclude che intorno ce ne siano altri. A individuare la «macchia» compatibile con il barchino naufragato, il robot sottomarino a comando remoto della Guardia costiera.

Già dalla giornata di oggi i sommozzatori sono tornati in acqua per accelerare i tempi, approfittando del fattore climatico. Nei giorni immediatamente successivi al naufragio infatti le ricerche avevano subito un rallentamento a causa delle condizioni meteo proibitive. Appena il mare lo ha consentito però i sommozzatori si sono immersi di nuovo, fino al ritrovamento del relitto. «La Guardia costiera ci ha creduto e non ha mai mollato – le parole del procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella, che coordina le indagini. Il relitto è stato individuato grazie a un sonar; a quelle profondità i sommozzatori possono stare davvero pochi minuti». Ora il piano è di mandarli sott’acqua, per «portare su un cadavere alla volta». Si prevede che ci vorranno almeno tre giorni.

Dal Centro Astalli intanto il presidente padre Camillo Ripamonti rinnova «senza sosta» l’appello a istituzioni nazionali e sovranazionali «perché si ponga fine all’ecatombe di migranti diretti in Europa. Si ritorni alla civiltà dei diritti umani e della solidarietà. È inaccettabile che indifferenza e cinismo ci lascino inerti davanti all’orrore», è il monito.  Per il gesuita, «serve un nuovo umanesimo della solidarietà che ispiri governanti e società civile a perseguire il bene di tutti e prendersi cura del mondo». Salvare vite umane è «imperativo morale, politico e civile». Di qui la richiesta del Centro Astalli di aprire subito canali umanitari, «vie legali d’ingresso che pongano fine a viaggi mortali e al traffico di migranti», e di favorire «l’evacuazione immediata dalla Libia».

16 ottobre 2019