Il Miur apre a don Milani e alla “sua” scuola
L’evento dedicato al priore di Barbiana, a 50 anni dalla morte. Fedeli: «Riconciliare nel Paese Vangelo e Costituzione». Mattarella: «Pedagogo innovativo»
L’evento dedicato al priore di Barbiana, a 50 anni dalla morte. Fedeli: «Riconciliare nel Paese Vangelo e Costituzione». Mattarella: «Pedagogo innovativo»
A 50 anni dalla morte e nell’imminenza della visita di Papa Francesco a Barbiana e Bozzolo, il prossimo 20 giugno, il ministero dell’Istruzione, università e ricerca ha ospitato ieri, lunedì 5, un evento dedicato alla figura di don Lorenzo Milani, dal titolo “Insegnare tutti”. «Aprire le porte di questo ministero a don Milani significa dare un riconoscimento di che cos’è, anche per merito suo, la scuola italiana», ha spiegato la “padrona di casa”, il ministro Valeria Fedeli. Non si tratta dunque di un «risarcimento», ha puntualizzato: «Quella di don Milani è un’esperienza già vissuta dentro la scuola, anche se non ne ha mai avuto l’ufficialità». L’obiettivo è fornire alla scuole «la possibilità di una conoscenza diretta» del lavoro del sacerdote, resa possibile dall’uscita dell’Opera omnia nei Meridiani. «Non siamo interessati ad imbalsamare don Milani, sarebbe un grave errore», ha continuato il ministro, sottolineando che «don Milani aveva la capacità di segnalare senza finzioni e ipocrisie anche situazioni di difficoltà, che spingono chi ha responsabilità pubbliche ad affrontarle».
Per la titolare dell’Istruzione, l’obiettivo da porti, sulla scorta degli insegnamenti di don Milani, è «riconciliare dentro questo Paese due testi: il Vangelo e la Costituzione». A partire dall’articolo 3 della Costituzione, che chiede di rimuovere tutti gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini. I ragazzi e le ragazze, ha precisato poi rispondendo a una sollecitazione del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, tra i direttori di giornale intervenuti al convegno, «devono conoscere la Costituzione italiana, il che non equivale ad introdurre un’ora di educazione civica, visto che nella scuola ogni insegnante è un educatore a 360 gradi».
A introdurre i lavori dell’evento, Marino Sinibaldi, di Radiotre, che si è soffermato sulla «grande ferita» di don Milani, vale a dire «il non essere riconosciuto dalla Chiesa». Anche per questo, ha osservato, «che una sala istituzionale celebri questo incontro è un atto di riconoscimento, di riappropriazione di una figura che per 20 anni ha caratterizzato il panorama italiano, e per 20 anni è stata una presenza largamente inascoltata e largamente invisibile». Di Don Milani il giornalista ha evidenziato la fortissima appartenenza alla Chiesa, mai rinnegata in nessun momento. Neanche nell’«esilio scomodo e drammatico» di Barbiana. E come «sacerdote lungimirante», oltre che «pedagogo innovativo», lo ha ricordato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio inviato agli organizzatori dell’evento. «Il suo metodo, incompreso e talvolta osteggiato da alcuni – ha scritto nel testo letto da Sinibaldi – ha precorso il concetto di comunità educante, al centro dell’idea moderna di scuola».
Di quella comunità di Barbiana è stata parte integrante Adele Corradi, la professoressa che arrivò lì nel 1962 ed è stata l’unica insegnante ammessa ad aiutare don Lorenzo. «Secondo me – ha detto intervenendo all’evento organizzato al Miur – ai ragazzi non bisognerebbe parlare di don Milani. Renderlo una materia scolastica sarebbe come prendere un animale, imbalsamarlo e far conoscere ai ragazzi quell’animale imbalsamato». Don Milani «deve essere una scoperta», è la proposta di Corradi, che ha applaudito l’arrivo dell’Opera omnia e ha auspicato «che dal Miur parta un messaggio fondato sull’importanza degli scritti di don Milani». Spesso, ha continuato, «si parla di lui a orecchio: non so quanti siano quelli che hanno studiato seriamente don Milani avendo consultato, digerito e assimilato i suoi scritti». Quindi spazio al ricordo personale. «Prima di conoscere la scuola di Barbiana – ha raccontato Adele – ero identica alla professoressa contro la quale si è scagliato: un’insegnante vecchio stampo. Nel ’63 è uscito “Esperienze pastorali”, subito ritirato, e poi gli altri scritti. Ho scoperto che Barbiana era la scuola di cui avevo bisogno, la scuola come avrebbe dovuto essere, la scuola del futuro».
«Inutile», secondo Corradi, sentire parlare di don Milani a scuola: «Se non si ha approccio diretto, si può fare danno, i ragazzi lo archiviano immediatamente. Il metodo non serve, se non si è assimilato Milani. Studiare e nutrirsi di Milani: forse così la scuola cambierebbe!», l’auspicio dell’insegnante, autrice anche di un libro sul priore di Barbiana dal titolo “Non so se don Lorenzo”. A proposito di libri, Renata Colorni, direttrice dei Meridiani, ha annunciato che oltre all’Opera omnia tra un paio di settimane verrà pubblicata anche l’edizione economica della “Lettera a una professoressa”, per gli Oscar Mondadori.
Tra i ragazzi di Barbiana, quelli di cui don Lorenzo racconta alla “professoressa” nella sua Lettera, c’era anche Paolo Landi, anche lui al Miur per quella che ha definito «una giornata storica, perché ricordiamo una persona che ha vissuto molto intensamente, una vita breve, ma schierata dalla parte degli ultimi». Portando la sua testimonianza, ha ricordato che «don Lorenzo muore emarginato dalla Chiesa, in esilio a Barbiana, ma muore anche isolato dal mondo della scuola. Il 20 Papa Francesco andrà a pregare sulla sua tomba, e don Milani è al centro di un suo messaggio in cui lo indica come figura primaria della Chiesa: viene rimesso al centro della Chiesa, dopo 50 anni». In più, ha aggiunto, «vedere che il Ministro rimette la figura don Lorenzo al centro della scuola vuol dire che don Milani ritorna a essere un maestro da cui apprendere e su cui riflettere, a 50 anni della morte».
Da ex allievo, Landi ha precisato che don Milani «non era un intellettuale: dargli dell’intellettuale era un’offesa. Il suo era un insegnamento nei confronti dei ragazzi, anche nell’arte dello scrivere. Barbiana oggi è un museo: muore con la morte di don Lorenzo; quello che restano sono gli insegnamenti, ancora attuali». Essere allievi di don Milani, ha rivendicato, vuol dire «essere schierati dalla parte ultimi, degli oppressi, dei deboli». E ha citato un obiettivo «un po’ dimenticato» del priore di Barbiana: «Fare dei cittadini sovrani», cioè «fare politica per uscirne assieme; da soli è un egoismo». Ai ragazzi, come agli insegnanti, allora l’invito è a «organizzarsi per cambiare la scuola: all’impegno individuale deve seguire l’impegno collettivo. Bisogna rimboccarsi le maniche. Senza impegno non si cambiano le strutture».
6 giugno 2017