In Sudan «condizioni di carestia»

I dati nel rapporto Onu pubblicato con governi e ong, tra cui Azione contro la fame. In crisi soprattutto il Darfur settentrionale, specie nel campo di Zamzam per sfollati

In alcune zone del Sudan sono presenti «condizioni di carestia». È il dato che emerge del rapporto delle Nazioni Unite sulla Classificazione integrata delle fasi di sicurezza alimentare (Ipc) per il Paese, redatto insieme a governi e ong, tra cui Azione contro la fame, attiva in Sudan dal 2028. In particolare, milioni di persone sono costrette a far fronte a un’estrema carenza di cibo e risorse base soprattutto nel Darfur Settentrionale, in particolare nel campo di Zamzam per sfollati interni, vicino alla città di El Fasher. Si tratta di uno dei più grandi campi per sfollati interni del Paese, con una popolazione stimata di almeno mezzo milione di persone.

«Le persone che soffrono la carestia sono sull’orlo della morte», riferisce Hélène Pasquier, esperta di sicurezza alimentare di Azione contro la fame. In particolare, spiega, «a Zamzam, la gente non riceve assistenza alimentare da aprile, soprattutto a causa dell’accesso negato alle organizzazioni umanitarie. I prodotti di base non raggiungono i mercati e la gente non ha più scorte dopo tanti mesi di conflitto. Nel frattempo, i prezzi continuano a salire e la gente non ha accesso a banche o contanti. I servizi sanitari a Zamzam sono praticamente inesistenti. La situazione è estremamente preoccupante da troppo tempo».

La carestia, rilevano da Azione contro la fame, è la forma peggiore della fame. «A questo livello di insicurezza alimentare, anche dopo aver utilizzato tutte le strategie di adattamento, le persone colpite devono affrontare una carenza alimentare estrema, che può portare alla morte. La dichiarazione di oggi è, o dovrebbe essere, un punto di svolta, poiché negli ultimi decenni ci sono state solo quattro dichiarazioni di carestia: Sud Sudan (2017); Somalia (2011); Corea del Nord (1995) ed Etiopia (1984)».

Paloma Martín de Miguel, responsabile delle operazioni per l’Africa occidentale di Azione contro la fame, ricorda che l’organizzazione «ha avvertito della gravità della situazione fin dall’inizio del conflitto, nell’aprile 2023. Tuttavia, è ancora possibile agire per evitare che la catastrofe diventi ancora più grave. Il livello di violenza in Sudan è estremo – prosegue -. Nell’area di El Fasher il conflitto ha fatto sì che, oltre a Zamzam, altri campi per sfollati, dove le persone sono particolarmente vulnerabili ed esposte alla violenza, siano a rischio di carestia».

Ancora, i dati dell’Ipc mostrano che anche gli Stati del Darfur Orientale, Occidentale, Centrale e Meridionale, del Kordofan Meridionale, di Khartum e di Gezira potrebbero essere colpiti dalla carestia. «I nostri team non sono presenti a Zamzam – spiega de Miguel – ma lavorano quotidianamente sul campo in altre aree dove c’è il rischio di carestia, come il Darfur Centrale e il Kordofan Meridionale».

La carestia può essere fermata, ma serve garanzie di accesso per gli operatori umanitari, insieme a finanziamenti adeguati. «Le organizzazioni umanitarie come la nostra hanno sempre più difficoltà a raggiungere le persone in difficoltà», afferma Samy Guessabi, direttore di Azione contro la fame per il Sudan. Di qui l’esortazione «a tutte le parti in conflitto» ad «agire immediatamente per prevenire l’escalation della crisi della fame in Sudan» e alla comunità internazionale e agli attori umanitari a «fornire assistenza urgente e i finanziamenti necessari. La situazione – aggiunge Guessabi – è critica e richiede una risposta immediata».

2 agosto 2024